LA ROTTA DI ULISSE

 


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Poco tempo, tanto dolore

di Massimo Michelini

I rapporti umani sono spesso un inferno, inutile nasconderselo. Nonostante il sempre crescente successo delle filosofie orientali che predicano serafiche amore universale, invitano a guardare le passioni dall’alto con la consapevolezza del saggio, garantiscono il progressivo spegnimento di ogni tensione emotiva con la speranza di ottenere un ipotetico quanto improbabile Nirvana, all’atto pratico le relazioni all’interno del genere umano hanno raggiunto livelli preoccupanti.
Poco tempo fa leggevo su La Repubblica che la bellezza di dieci milioni di italiani sarebbe vittima di disturbi psichici. Certo non bisogna prendere alla lettera le statistiche e quella persona su sei che in Italia soffrirebbe di disagi emotivi non necessariamente è psicotica o affetta da turbe pericolose, ci mancherebbe. Temo però che non sia molto lontana dal vero questa stessa statistica che afferma (riportando oltretutto dati del 2001, che potrebbero quindi essersi incrementati in negativo) che otto milioni di italiani hanno problemi legati alla sfera affettiva, mentre poco meno (7.943.000) sono afflitti da ansia. Senza bisogno di scomodare le statistiche dell’Istat o dell’Istituto Mondiale della Sanità, ne sanno qualcosa anche gli astrologi ai quali si rivolgono spesso e volentieri coloro che hanno questo tipo di problemi.
Credo che la sofferenza emotiva e la conseguente difficoltà a rapportarsi con gli altri in maniera corretta (non diciamo costruttiva, perché sconfineremmo nel campo dell’utopia) vada affrontata da un punto di vista astrologico secondo due differenti ma complementari prospettive. La prima è storica, anzi cosmica, la seconda è individuale.
Purtroppo appaiono sempre più spesso segnali indicanti che il tempo e lo spazio per il genere umano si vanno riducendo a una velocità supersonica. Senza fare facili allarmismi, pare che la spirale del tempo descritta nel 1972 da Lisa Morpurgo alla fine dell’Introduzione all’astrologia stia forse approssimandosi al capolinea a passi da gigante.
Almeno nell’emisfero occidentale del globo, basta dare un’occhiata intorno a sé per accorgersi che la maggior parte delle persone è costretta a subire ritmi di vita sempre più frenetici, in gran parte dettati da esigenze lavorative, ad esempio per gli spostamenti in auto o sui mezzi pubblici per raggiungere appunto il posto di lavoro. Per non parlare di chi ha famiglia e figli in età scolare, a cui vengono imposti sin dalla più giovane età, oltre ai canonici impegni scolastici, corsi e lezioni di vario tipo (in teoria per far migliorare culturalmente la propria progenie, spesso però ottenendo scarsi avanzamenti intellettuali), l’obbligo di fare sport (con la speranza per i genitori di avere come figlio un novello Francesco Totti o la futura Serena Williams) con ritmi sempre più frenetici.
E tutto questo trascurando però completamente i necessari momenti di riposo, indispensabili per il corpo ma soprattutto per la mente. Per non parlare delle vacanze, di adulti, bambini e adolescenti, nelle quali spesso è calcolato ogni singolo momento della giornata, quasi ci fosse un’insopprimibile paura del vuoto.
Questo sempre minor tempo che la gente ha a disposizione va di pari passo con la riduzione dello spazio, causato da un folle e inarrestabile incremento demografico che rosicchia giorno dopo giorno lo spazio vitale sulla Terra per ogni singolo individuo. L’entropia temporale va ahimè a braccetto con un frenetico consumo di beni, per la maggior parte inutili, il cui bisogno è indotto da martellanti campagne pubblicitarie che ti fanno credere che se non sei in possesso dell’ultimissimo modello di telefonino o PC non sei proprio nessuno, con conseguente crisi di identità del poveretto che resta escluso dal possesso di quel bene, ma anche di colui che, pur avendolo, avverte in sé una sempre maggiore insoddisfazione, alla quale spesso non sa nemmeno dare un nome. Ingrossando così le fila di coloro che sostano nelle sale d’attesa di psicanalisti o astrologi in cerca di qualcuno che ti faccia recuperare, o percepire appena, il senso della tua vita.
Paradossalmente – ma non tanto – il crescente benessere generalizzato ha amplificato le diffusissime crisi emozionali che colpiscono un italiano su sei. In tempo di guerra, o nei lunghissimi periodi in cui il genere umano doveva lottare per la propria sopravvivenza, i problemi psichici erano confinati a una ristrettissima percentuale di popolazione. Astrologicamente forse solo alle Lune e Nettuni tanto, tanto lesi.
Non dimentichiamo che la psicanalisi ha poco più di cent’anni, ed è nata anche da un bisogno creato dai mutamenti sociali indotti dalla crescente industrializzazione della civiltà occidentale che – sia pure all’inizio in maniera timida se non sommessa – poneva sempre di più l’accento sull’Io. Con quel tanto di bagaglio nevrotico che inevitabilmente esso comporta. La follia è sempre esistita, intendiamoci, come pure le tipologie caratteriali umane sono sempre le stesse dalla notte dei tempi; è cambiato solo il modo di percepire i problemi, accompagnato da un incremento esponenziale dei sintomi ansiosi o nevrotici.
Come però ha evidenziato Umberto Galimberti in un suo scritto recente, negli ultimi decenni è spesso cambiata la causa prima che spinge a rivolgersi a psicologi & Co:
«Come conflitto, la nevrosi trova il suo spazio espressivo in quella che potremmo chiamare la “società della disciplina” com’era quella di Freud, che si alimenta della contrapposizione permesso/proibito. Una macchina che regolava l’individualità fino a tutti gli anni Cinquanta e Sessanta. Poi, a partire dagli anni Settanta, per l’influenza della cultura americana, la contrapposizione tra il permesso e il proibito tramonta, per far spazio a una contrapposizione ben più lacerante che è quella tra il possibile e l’impossibile. Che significa tutto questo agli effetti del disagio psichico? Significa che nel rapporto tra individuo e società, la misura dell’individuo ideale non è più regolata da un ordine esterno, da una conformità alla legge, la cui infrazione genera sensi di colpa (per cui il vissuto di colpevolezza era il nucleo centrale delle sofferenze psichiche), ma deve fare appello alle sue risorse interne, alle sue competenze mentali per raggiungere quei risultati a partire dai quali verrà valutato, guadagnando, per effetto di quella valutazione, un adeguato o inadeguato concetto di sé.» (1)
Nell’ultimo secolo, dunque, si è accresciuta a dismisura la schiera dei nevrotici, forse anche a causa proprio dell’importanza che l’Io ha assunto.
Astrologicamente è un’impresa complessa attribuire a un pianeta piuttosto che ad un altro l’origine di certi conflitti, perché è l’insieme delle forze planetarie a determinare i fenomeni e, tanto per fare un esempio, la Luna è così com’è perché c’è Urano che la bilancia, rappresentando le sue caratteristiche opposte e complementari. Mi limito perciò ad affermare che il conflitto tra Io e SuperIo, secondo la celeberrima definizione freudiana, è attribuibile alla opposizione “naturale” tra Sole e Saturno. Lo spostamento delle problematiche nevrotiche ipotizzato da Galimberti nell’ambito delle possibilità dell’Io sembrerebbe invece attribuibile da un lato a Nettuno, per il suo possibilismo proteiforme, dall’altro a Plutone, che punta sulle ambizioni più o meno soddisfatte a seconda dei casi. Per entrambi i pianeti si pone infatti un problema di limiti: Nettuno, per sua definizione, questi limiti non li conoscerebbe, poiché rappresenta l’infinito e tutto quello che esso comporta, anche a livello caratteriale. La voglia di cambiare e assumere un’altra forma, se non si sa ancora quale essa possa essere, è difficile da gestire.
Per quel che riguarda Plutone, invece, paradossalmente il limite sta nella spinta a creare, creare, creare, quando nei peggiori casi non si sa a cosa si vuole dare vita. Così un Plutone malmesso in un tema natale può dare un Io malato, ipertrofico, se non ha i supporti di una personalità adeguata.
Dal canto suo Nettuno induce sottili angosce e inquietudini pericolose, anche perché spesso sono poco o mal definite.
Ecco forse le cause prime dei milioni di aspiranti a partecipare al Grande Fratello, che bramano di diventare protagonisti senza avere compiuto alcunché di notevole nella propria vita, a volte senza avere nemmeno completato le scuole dell’obbligo. E si sente…
È però fin troppo facile condannare gli aspiranti divi da talk show, che in realtà non fanno che seguire l’andazzo generale e sono solo l’incarnazione dei sogni medi – giovanili e non solo – di un’epoca difficile. Perché la bella discinta che smania pur di non finire in nomination non è che la versione aggiornata del sogno archetipico di milioni di donne, che hanno sempre coltivato dentro di sé la speranza di conquistarsi il titolo di “la più bella del reame”.
Diverso discorso vale invece per i principi azzurri, un tempo tali solo per un certo tipo di immaginario femminile. Nella realtà poi il modello trionfante di maschio era il più duro, il più crudele, quello che sprizzava testosterone da tutti i pori. Oggi invece traspira soprattutto effluvi di Dolce e Gabbana. Basta dare un’occhiata agli ultimi divi del pallone, che non scendono in campo se non possono sfoggiare un look da rivista di tendenza.
Paradossalmente, nella nostra società di sedicente democrazia, uno dei guai maggiori è la grande, presunta libertà raggiunta a livello individuale.
Oggi quasi nessuno si sposa per un matrimonio combinato, come un tempo era norma. Ma il non essersi scelto il proprio partner era una più che valida motivazione alle insoddisfazioni sentimentali o sessuali. Ora il partner ce lo scegliamo noi, con quel che ne consegue. Così, quando scatta inesorabile il timer della fase del disamore verso colei o colui che ci ha fatto palpitare il cuore e vibrare i sensi nelle prime fasi di un nuovo amore, quasi sempre si proietta sull’ex “amato bene” le colpe del fallimento di quell’illusione amorosa, in altri casi, per le personalità più autocritiche, ci si attribuisce le responsabilità del fatto che l’altro non ci ami più.
Ma anche invertendo la somma dei fattori, il prodotto non cambia, ossia l’amore non dura per l’eternità e capita così di ritrovarsi soli, infelici, non amati.
Lo stesso dicasi – ipoteticamente – per il settore lavorativo. Fino a non molti decenni or sono, i più potevano lavorare solo nell’ambito già tracciato dalla famiglia, o comunque dall’ambiente sociale di origine. Sulla carta ora invece anche il figlio di gente umile può diventare ricercatore di astrofisica in un’università americana. È un’ipotesi remota, ma in qualche caso accade.
Però non tutto è così semplice. Come sulla carta del menù di un ristorante di lusso, se aspiri al piatto più costoso devi essere pronto a sborsare una cifra adeguata, considerevole. E non tutti i portafogli possono permetterselo. Ma sai che, in teoria, anche tu puoi entrare in quel ristorante e ordinare quel dato piatto. Non lo fai, poi, perché sai di non potere saldare il conto, ma l’acquolina in bocca ti resta… E qualche volta quella rinuncia ti crea un’insopportabile acidità di stomaco. Oppure, se decidi di correre il rischio puoi ritrovarti nella cucina del ristorante a lavare i piatti sporchi per una settimana. Certo, puoi anche trovare fortunosamente un amico che paghi il conto del ristorante, ma devi affrontare il rischio, e la responsabilità è tutta tua. Libero quindi di prendertela, ma anche di avere paura e di ritrovarti poi frustrato per non avere osato.
Come evidenziai in un mio studio di qualche anno fa(2), l’invidia ha in sé anche una funzione positiva, di crescita. Basta non farsi travolgere dai suoi livori e indirizzarli costruttivamente.
La libertà ci mette così pesantemente di fronte ai nostri insuccessi, con quel che ne consegue a livello emotivo.
Come ha dichiarato il sociologo Marc Augé:
«L’ideologia in cui viviamo passa attraverso le immagini e si basa sull’individualismo. Oggi i giovani vivono una realtà difficile, ed è forte l’idea che devono cavarsela da soli.»(3)
Si veda a tal proposito quel che ci propina spesso la pubblicità – in specie se rivolta a un pubblico giovanile – dove l’eroe di turno dello spot deve fuggire via da qualcuno che lo insegue, oppure deve arrivare in fretta – e da solo – verso non si sa quale traguardo. Nessuno gli darà una mano, tranne le sue gambe, i suoi piedi, eventualmente la sua auto. Per gli adolescenti o post-adolescenti rappresentati in pubblicità, quasi mai c’è la famiglia a supportarli. Gli amici o coetanei possono esserci come compagni di bisboccia, come eventuali rivali o come vittime di sfottò, ma rarissimamente hanno una funzione di sostegno.
La tipica morale da spot è quindi: devi farcela da solo, scappando il più in fretta possibile.
L’unico caso ricorrente in cui l’eroe pubblicitario entra in un tentativo di rapporto con l’altro da sé è quello a valenza erotica: ma qui si tratta di cuccare la bella o il bello di turno, esaudendo quindi ancora una volta un desiderio narcisistico. Anzi, viene quasi il dubbio che l’eros non c’entri proprio, che sia tutta una faccenda di apparire, di mostrarsi: mentre in realtà poi tutti questi bellissimi e bellissime sembrano alla fine andare tutti in bianco, per ritornare poi a rimirarsi allo specchio come la matrigna di Biancaneve.
Ma arriviamo infine a un’analisi astrologica di quanto sta avvenendo: i tre segni nettuniani, Sagittario, Aquario e Pesci, sono in questi anni occupati dai pianeti più lenti, se si escludono ovviamente i transplutoniani, dei quali non conosciamo la posizione. Plutone in Sagittario e Urano in Pesci occupano però i segni in cui sono in caduta, ed esprimono quindi al peggio le loro potenzialità. Nettuno percorre invece il segno della sua esaltazione, fornendo invece in teoria il meglio di sé. Il meglio e il peggio di Nettuno, quindi…
La confusione propria di Nettuno quindi regna sovrana. Notiamo inoltre che, nei tre segni citati, sono proprio i gradi governati da Nettuno ad essere interessati dai transiti dei tre pianeti più lenti: gli ultimi gradi del Sagittario, quelli centrali dell’Aquario, i primi dieci dei Pesci.(4)
Le certezze consolidate negli ultimi decenni si stanno sgretolando anche perché sono stimolati i segni più riformisti se non rivoluzionari, quelli che presiedono al cambiamento della forma, a livello individuale ma anche epocale.(5)
Il singolo è quindi massicciamente pressato, con i messaggi subliminali della pubblicità ma anche con le leggi che regolano il mercato del lavoro, come pure quelle dei singoli stati.
La libertà propria di Nettuno diventa così liberismo spinto e selvaggio, accentuato negli ultimi tempi dalla presenza di Saturno in Leone(6), che “priva” l’Aquario proprio di Saturno, con quel tanto di rigore logico, adattabilità, rispetto degli altri e critica dell’egocentrismo ipertrofico del Leone che di solito gli appartiene. E senza l’ausilio di Saturno, la libertà bramata dall’Aquario si trasforma in arbitrio personale.
Purtroppo sono in pochi a reggere il peso della propria libertà sul piano esistenziale e meno ancora quelli che sono in grado di gestire decentemente il liberismo economico. Lo subiscono in tanti, come fanno quasi tutti i giovani alle prime esperienze lavorative (precipitati nel caos organizzativo anche a causa di Urano in Pesci, che più confuso, anarchico e pasticciato non potrebbe essere) sfruttati con la benedizione della legge in nome di una presunta crescita economica.
La crescita c’è, intendiamoci, ma è riservata solo a quei pochi che gestiscono i posti di comando, mentre la massa lavoratrice (sesta casa e Vergine) subisce il doppio transito negativo di Urano e Plutone, perdendo tante certezze (legate anche all’Y domiciliato in Vergine) a partire in primis dal posto fisso. E affacciandosi al tempo stesso su quel baratro che può essere rappresentato da Nettuno: confusione, incertezza, irrequietudine. Per l’appunto tutti ottimi motivi per creare ansia…
Quindi, ai tanti poveretti che si ritrovano in una posizione subalterna, per sopravvivere emotivamente non restano che gli altri strumenti nettuniani, ossia la fuga nella fantasia o la fuga a gambe levate, come tanto spesso vediamo ultimamente negli spot pubblicitari. Ricordiamo per inciso che le gambe e i piedi sono legati astrologicamente a Sagittario e Pesci, guarda caso segni nettuniani.
Quale sia la meta da raggiungere nella fuga pare non lo sappia nessuno, l’importante è fuggire.
Certo, si può fuggire verso mete esotiche, come ormai è sempre più facile anche grazie al Plutone in Sagittario, oppure ancora rifugiarsi in seno a qualche utopia religiosa (altra fissa di Nettuno), oppure ancora in quelli che un tempo venivano chiamati paradisi artificiali. E siamo ancora a Nettuno.
Ma per trovare cosa?
Mi viene in mente che subito dopo l’overdose da cocaina di cui fu vittima mesi fa Lapo Elkann, in numerosi articoli sullo sfortunato ragazzo veniva riferito che una delle domande ricorrenti che Lapo poneva agli amici, anche quelli appena conosciuti, era: «Mi vuoi bene?»
Certo, forse era un suo problema affettivo di base. Del resto Lapo è Bilancia con una Luna in Leone e la necessità di essere amato è per lui fondamentale(7). Credo però che la sua richiesta possa essere fatta propria da tutti gli esseri umani, soprattutto in questo periodo.
Siamo tutti alla ricerca di gratificazioni narcisistiche, inutile nasconderselo. Il narcisismo, ricordiamolo, è legato alla Luna e a Venere, la Luna equilibrio emotivo, Venere affettività.
Se torniamo alla pubblicità, e ai suoi messaggi subliminali, quella più trendy, legata alla moda, tende a mostrare creature unisex tendenzialmente asessuate. Spesso inoltre, sui giornali di tendenza vediamo immagini stipate di fanciulle e fanciulli bellissimi impegnati in quello che potrebbe ricordare un’ammucchiata erotica, ma con un appeal sessuale tendente allo zero assoluto. Più che un trionfo dell’ormone ci pare di assistere a un’esibizione dimostrativa di vari tipi di make-up.
Il Nettuno dell’Aquario (che per cosignificanza si trova in opposizione alla quinta casa, quella del sesso e della vitalità individualistica) sembra all’apparenza avere la meglio sull’Io ipertrofico del Leone e dell’Ariete.
Si è diffuso quindi un minor egocentrismo? No, davvero, perché in contemporanea Plutone dal Sagittario manda un duplice trigono ai due segni solari, Ariete e Leone. Una situazione davvero complessa, in cui Plutone e Nettuno sembrano farla da padroni, non indebolendo l’Io, anzi, ma rendendo confusa la sua identità e forse anche i suoi desideri più profondi, quelli sessuali.
Tanto che la moda – fenomeno nettuniano per eccellenza – impiega modelli e modelle dalla non chiara identificazione di genere. Alle recenti sfilate di moda di Milano e di Parigi, inoltre indossatrici e indossatori erano fatti sfilare a velocità supersonica e quasi non c’era il tempo di vedere gli abiti presentati. Anche qui il tempo stringe – quello del singolo e quello dello Zodiaco – o forse viene a mancare del tutto.
Anche a livello di appeal sessuale ci sono quindi problemi e non dimentichiamo che il sesso è il primo passo della trasmissione della vita alle generazioni successive. Pare quindi che – a giudicare almeno dai messaggi pubblicitari – non ci sia una grande speranza nemmeno nel sesso, se non quel po’ di calore indistinto che può procurarti nell’immediato – forse con un’ammucchiata aquariana – come pure nella momentanea gratificazione narcisistica. Perché l’Io, non dimentichiamolo, avrebbe sempre bisogno di gratificazioni.
Il messaggio occulto della pubblicità (e quindi dello Zodiaco) sembra essere: «L’importante è che tu sia qualcuno. Non importa sotto quali forme, ma devi essere qualcuno.»
E le sale d’aspetto di psicanalisti e astrologi si affollano di anime in pena alla ricerca di un’identità, di chiarezza, di speranza, una qualsiasi purché sia speranza.
I tempi stanno cambiando, o forse il tempo stesso si sta erodendo: le tre sedi di Y-tempo lento (in Gemelli, Leone e Vergine) sono bersagliate da Plutone, Urano e Nettuno. Forse si tratta solo di un passaggio momentaneo, ma resta il fatto che ci troviamo di fronte a un cambiamento epocale.
Certo, non tutti sono fuori di testa e cinque persone su sei non si rivolgono agli specialisti del mal d’anima, secondo la statistica riportata ad inizio articolo. Ma forse anche quelle cinque di tanto in tanto vorrebbero rivolgere al loro prossimo una domanda che ha dato il titolo a un film di Aldo, Giovanni e Giacomo: «Chiedimi se sono felice»…

E il tempo, che fa? Chissà, lo scopriremo solo vivendo, ma è assai probabile che se ne fotta delle nevrosi umane e, sempre più inesorabile, si approssimi alla sua meta…

Questo articolo è apparso una prima volta sul secondo numero del 2006 de L’Eco dei Feaci.

(1) Umberto Galimberti - Quel che resta di Freud - D-La Repubblica delle Donne, pag. 39, 21 gennaio 2006.
(2) Massimo Michelini - L’invidia e le passioni degli occhi - in Atti della prima giornata di studi in ricordo di Lisa Morpurgo - 2000.
(3) Intervista a Marc Augé, www.cafeletterario.it, 8 giugno 2001.
(4) Il riferimento, vale ovviamente per il periodo in cui l’articolo fu scritto, ossia nel 2006.
(5) Qualcuno considera a volte il Sagittario un segno conformista. Contesto però la definizione di conformismo, mentre va impiegata secondo me quella di riformismo, al di là dei valori proposti. Il Sagittario infatti fa cose nuove e si imbarca in nuove avventure, grazie all’apporto di Nettuno. Valgano ad esempio, astenendoci da qualsiasi considerazioni di merito, la riforma scolastica della Sagittario Letizia Moratti come pure la riforma della disciplina del mondo lavorativo operata da un altro Sagittario, Marco Biagi.
(6) Anche in questo caso il riferimento astrologico vale per il momento della stesura dell’articolo, nel 2006.
(7) Lapo Elkann è nato a New York il 7 ottobre 1977 alle 3.



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