LA ROTTA DI ULISSE

 


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Andrei Chikatilo: l’orrore dietro la cortina di ferro

Andrei Romanovic Chikatilo nasce il 16 ottobre 1936 a Jablocnoe, villaggio ucraino della regione di Sumskij. La collettivizzazione agricola imposta da Stalin agli inizi degli anni Trenta ha provocato terribili carestie nelle campagne dell’Ucraina, la ricca regione agricola dell’Impero sovietico. Roman, il padre di Chikatilo, è un semplice contadino senza terra, e lavora come bracciante in una fattoria collettiva. Anche la moglie si spezza la schiena sui campi. I Chikatilo vivono poveramente, anche se non muoiono di fame come migliaia di altri disgraziati. Nel 1934, un paio di anni prima della nascita di Andrej, un suo cuginetto sparisce dal villaggio. Il bambino non verrà mai ritrovato, e vista la fame che regna all’epoca nei villaggi ucraini, inizia a circolare la voce che il piccolo è stato ucciso e poi mangiato. La madre di Chikatilo crede a questa storia e la racconta al figlio, che ne rimane terrorizzato e affascinato al tempo stesso. Per lo psichiatra Aleksandr Buchanovskij, che esaminerà Chikatilo al momento dell’arresto, questo fatto segnerà l’inizio della sua ossessione nei confronti della morte e del cannibalismo.
Allo scoppio della seconda guerra mondiale, gran parte dell’Ucraina viene occupata dai nazisti. Ovunque si spara, si uccide, vengono commesse atrocità sia dagli occupanti sia dai partigiani comunisti i quali, agli occhi del ragazzino, sono degli eroi da imitare. Il fervore ideologico di Chikatilo nei confronti del partito, iniziato nella preadolescenza, si rafforzerà sempre più: quando Stalin muore, nel 1953, toccherà al diciassettenne Andrej Romanovic leggere ad alta voce il lungo ed enfatico omaggio ufficiale del dittatore apparso sulla Pravda.
Mentre Chikatilo padre è impegnato a combattere sul fronte sovietico, tutto il peso della famiglia ricade sulle spalle della madre, una donna dura e severa che non esita a picchiare e umiliare Andrej quando inizia ad avere le prime polluzioni notturne. Roman tornerà a casa dopo un periodo di prigionia nelle mani dei nazisti – lo liberano gli americani dopo il 1945 – cosa malvista nella Russia di Stalin, dove i prigionieri di guerra sopravissuti sono considerati dei codardi. Il giovane Chikatilo si vergogna profondamente del padre: se fosse caduto sul fronte russo lui sarebbe diventato il figlio di un eroe, così gli tocca invece il ruolo umiliante di figlio di un virtuale “nemico del popolo” . Si isola sempre più dai compagni di scuola, che lo deridono per la sua forte miopia – riuscirà a procurarsi i primi occhiali solo a trent’anni – mentre il petto troppo pronunciato gli vale l’epiteto di “femminuccia” da parte degli altri maschi. Un giorno uno di loro, mentre stanno affiancati in un orinatoio, nota malignamente che il suo prepuzio ha una forma strana. I complessi del giovane Chikatilo nei confronti delle donne, e il suo terrore dell’atto sessuale con loro, non possono che rafforzarsi. In compenso ama leggere, approfondire la sua istruzione, divorando ovviamente per prima cosa i “sacri testi” del marxismo-leninismo.
Ottenuto il diploma di ingegnere delle comunicazioni in una scuola locale, Chikatilo viene inviato dalla Lega dei giovani comunisti a fare pratica di lavoro in una città degli Urali. Ma nonostante i buoni risultati ottenuti alle superiori fallisce l’esame di ammissione alla facoltà di Legge dell’Università di Mosca, cosa che ferirà profondamente il suo amor proprio. Tra il 1957 e il 1960 presta servizio militare e in seguito si stabilisce a Rodionovo Nesvetajskij, una cittadina a 30 chilometri da Rostov, dove trova un posto come tecnico dei telefoni. Ma con le ragazze continua a non funzionare proprio: lui è timido, impacciato, e nonostante sia un tipo gentile e beneducato, senza il terribile vizio dell’alcol che fa di molti maschi russi dei mariti impossibili, nessuna se lo fila. Circolano inoltre voci su una sua presunta, sebbene ben camuffata, omosessualità. A trovargli moglie, quando ha già 27 anni, ci penserà la sorella Tatiana. Nel 1963 Andrej sposa Faina, detta Fenya, una ragazza non bellissima ma dal carattere forte, di tre anni più giovane. All’inizio le cose procedono discretamente, nonostante i grossi problemi sessuali dello sposo. La sua quasi totale impotenza viene dapprima attribuita da Faina alla sua timidezza, ma presto giungerà alla conclusione che a suo marito fare l’amore con una donna non interessa proprio. Dai rari, frettolosi rapporti consumati dai coniugi, nasceranno comunque due figli: Ljudmila, nel 1967, e due anni dopo Jurij. Chikatilo è un padre affettuoso, attaccatissimo ai suoi bambini. Si dimostrerà anche un nonno tenero e premuroso per il nipotino avuto in seguito dalla figlia Ljudmila.
Nel 1971 Chikatilo riesce a ottenere una laurea in lingua e letteratura russa all’Università di Rostov, e inizia a lavorare come insegnante a Novosachtinsk. Risalgono a questo periodo i primi episodi di molestie sessuali su minori, tanto che nel 1974 è costretto a dimettersi per non essere cacciato dal direttore della scuola.. Dopo essere passato da un istituto all’altro, nel 1978 Chikatilo si trasferisce nella vicina Sachti e inizia a insegnare alla Scuola tecnica 33. È questo l’anno in cui inizierà la sua carriera di serial killer.
Il 22 dicembre 1978 riesce a portare Lena Zakotnova, una bambina di nove anni, in una casupola comprata all’insaputa della moglie, dove tenta di stuprarla. Quando Lena tenta di ribellarsi la pugnala a morte, raggiungendo l’orgasmo nel momento in cui la lama affonda nel piccolo corpo. Il cadavere di Lena verrà trovato due giorni dopo nel fiume Grusevska. Sebbene i sospetti della polizia cadano all’inizio su Chikatilo, lui riuscirà a scamparla alla fine di ripetuti interrogatori. Dell’omicidio sarà accusato un altro, tale Aleksandr Kravcenko, giustiziato nel 1984.
Nel marzo del 1981, dopo una serie di episodi spiacevoli, Chikatilo è costretto a lasciare l’insegnamento. Trova lavoro come impiegato addetto ai rifornimenti alla Rostovnerud, una fabbrica di Sachti. I numerosi viaggi di lavoro che dovrà fare, usando il treno o l’autobus saranno la migliore copertura per i suoi delitti. Con il pretesto degli spostamenti dovuti alla sua attività, lui può andare e venire quando vuole, e trascorrere molte notti fuori casa.
Il 3 settembre 1981 Chikatilo uccide la diciassettenne Larisa Tkacenko, il cui corpo sarà ritrovato il giorno successivo, sulle rive del fiume. Tra il 1982 e il 1984 la mattanza conterà ben 32 vittime: adolescenti, bambini, donne, i cui resti verranno sommariamente sepolti sulle rive del Don, nel Parco degli Aviatori di Sachti, nei boschi e nelle campagne della zona.
Il metodo seguito dal serial killer non varia. Chikatilo batte i dintorni delle stazioni di autobus o treni, e sceglie le sue prede tra donne sole, spesso vagabonde, alcolizzate o prostitute, bambini non accompagnati e adolescenti scappati di casa. Nessuno può sospettare di quel signore dall’aspetto curato, che parla con dolcezza e ha l’aria del buon padre di famiglia. Chikatilo tenta ogni volta di avere rapporti sessuali con la vittima di turno, ma il non riuscire ad avere una normale erezione scatena in lui una furia omicida. Raggiunge l’orgasmo soltanto quando la pugnala a morte, infliggendole spaventose mutilazioni.
Il 1984 è l’anno più sanguinoso di tutti: tra gennaio e settembre Chikatilo ucciderà ben quindici persone: la più giovane, Dima Ptasnikov, ha 10 anni, la più vecchia, Marta Rjabenko, 44. Quasi tutti i cadaveri verranno ritrovati, nei soliti luoghi scelti dal killer: rive del fiume, fossati, boschi. E ogni volta orrendamente straziati. Il killer sventra i corpi per estrarne gli organi interni, e morde gli organi genitali. “Se la vittima era un ragazzino, Chikatilo gli staccava con un morso i testicoli e lo scroto, per poi gettarli via quasi subito. Ma soprattutto era ossessionato dagli uteri…’Non volevo tanto morderli quanto piuttosto masticarli, erano così belli ed elastici’ confessò in seguito” (Peter Conradi, Chikatilo, Mondadori 2006, pag. 183).
Ma qualcosa si sta finalmente muovendo. Accanto al cadavere straziato di Dima Ptasnikov gli investigatori hanno trovato un’impronta di piede lasciata dall’assassino. La caccia al serial killer inizia su vasta scala. Dopo avere ricostruito i movimenti di alcune delle vittime, con l’aiuto dei testimoni che le hanno viste in compagnia di un uomo alto e robusto, ben vestito, con occhiali scuri e una grande borsa (dove, si scoprirà in seguito, erano nascosti coltelli da cucina e corde), la polizia aumenterà il numero di pattuglie e agenti in borghese alle principali fermate dei trasporti pubblici.
Sorpreso da un tutore dell’ordine ad agire in modo sospetto in una stazione d’autobus di Rostov, il 14 settembre del 1984 Chikatilo viene fermato. E poiché su di lui pende un accusa di furto, proveniente da uno dei suoi datori di lavoro, finisce in carcere. Il 12 dicembre i giudici del tribunale popolare di Sachti lo condannano a un anno di lavori forzati, come ladro, ma dal momento che ha già trascorso tre mesi in prigione viene rilasciato. Potrà così continuare a uccidere, e uccidere ancora.
E arriva il 1985. Durante un viaggio di lavoro il 1 agosto Chikatilo uccide a Mosca la diciottenne Natalja Pochlistova, e il 27 dello stesso mese la coetanea Irina Guljaeva. I due corpi vengono ritrovati, le indagini degli inquirenti proseguono senza sosta: ora si è finalmente capito che a commettere quella sfilza di efferati delitti è stata una sola persona. I sospetti su Chikatilo, il cui passato di molestatore sessuale è ben noto, aumentano. Ma a sua discolpa c’è un elemento che sembra inoppugnabile: il suo gruppo sanguigno è diverso da quello dei campioni di liquido seminale trovato sui corpi delle vittime. La cosa, sebbene in rari casi, è possibile: oggi, con le moderne tecniche di analisi del Dna, la verità sarebbe venuta subito alla luce.
La furia omicida del killer conosce una battuta di arresto nel 1986, ma si scatena nuovamente nell’87: Olga Makarenkov ha 13 anni, Ivan Beloveckij 12, Jura Teresonok 16. Nell’aprile del 1988 una donna non identificata viene uccisa nei pressi di Krasnyyj Sulin, in maggio Chikatilo massacra Lesa Voronko, nove anni, in luglio il quindicenne Zenia Muratov. Quattro le vittime del 1989: tre ragazze e un bambino di dieci anni.
Il 1990 inizia con l’uccisione di Andrej Kravcenko, 11 anni. A febbraio Chikatilo cambia lavoro e viene assunto da un’industria elettrica di Rostov. L’escalation dell’orrore continua. Altro sangue, altre orribili sofferenze inferte alle povere vittime, che subiscono le spaventose mutilazioni quando sono ancora in vita, come proveranno gli esami autoptici delle salme. Il 7 marzo viene ucciso Jaroslav Makarov (10), in aprile tocca a Ljubov Zueva (31), a fine luglio muore Vitja Petrov (13), a metà agosto è il turno di Ivan Fomin (11). Il 17 ottobre Chikatilo uccide il sedicenne Vadim Gromov, il 30 ottobre Vitja Tiscenko, un altro ragazzo di 16 anni, mentre il 6 novembre è il turno di Sveta Korostik (22), assassinata vicino alla stazione di Donleshkoz. Il killer seppellisce il corpo in un bosco poco lontano, ma sulla via del ritorno viene fermato dal sergente Igor Rybakov, che sta pattugliando la stazione dei treni.
Chikatilo spiega in tono rispettoso che è andato nei boschi a cercare funghi, un alimento molto presente nella cucina russa, ma il poliziotto si insospettisce. L’uomo che gli sta di fronte indossa infatti abiti formali, poco adatti a un perlustratore di boschi, e la borsa sportiva di nylon che ha con sé non è certo adatta a contenere dei funghi. Inoltre i suoi vestiti sono sporchi e ha delle strisce di sangue sulla guancia. Rybakov controlla i documenti ma non pensa ad aprire la borsa: se lo avesse fatto avrebbe trovato all’interno i seni tagliati della povera Sveta Korostik.
Al ritorno in ufficio il poliziotto Rybakov compila un rapporto dove compaiono le generalità della persona fermata alla stazione dei treni, rapporto che finisce sul tavolo di Michail Fetisov, il capo della polizia di Rostov. Quando, il 13 novembre 1990, viene ritrovato il cadavere di Sveta Korostik, Fetisov si ricorda immediatamente di quel nome: Andrej Romanov Chikatilo. Il cerchio si sta stringendo, l’autore di oltre cinquanta omicidi sta per essere finalmente catturato.
La polizia mette Chikatilo sotto stretta sorveglianza, ventiquattro ore su ventiquattro, facendolo seguire e filmare da agenti sotto copertura. E lo arresta il 20 novembre del 1990, alle ore 15.30, davanti a un bar di Novocerkassk. Motivazione? Lo hanno visto girare per tutta la città con un grosso contenitore per birra, tentando con insistenza di avvicinare i vari bambini che incrociava sulla sua strada. Esiste già un imponente dossier che raccoglie un cumulo di informazioni su Chikatilo, a partire dalle molestie sessuali dei primi anni di insegnamento, e questa è la goccia che fa traboccare il vaso.
Chikatilo viene portato alla centrale di polizia di Rostov per l’interrogatorio, e il 30 novembre incriminato formalmente di trentasei omicidi premeditati di donne e bambini, commessi tra il 1982 e il 1990. Nelle settimane successive confesserà altri diciannove omicidi, tra cui quello della piccola Lena Zakotnova, nel lontano dicembre 1978, per il quale era stato giustiziato l’incolpevole Aleksandr Kravcenko.
La strategia usata per far confessare il pluriomicida merita un cenno. Issa Kostoev, il vicecomandante della sezione investigativa della procura di Stato che ha coordinato le indagini su Chikatilo, ricorre all’aiuto di Aleksandr Buchanovskij, lo psichiatra di Rostov che collabora da tempo con la polizia, e che ha tracciato dei possibili profili del “mostro” cui si sta dando la caccia da anni. Chikatilo simpatizza da subito con l’uomo in camice bianco, che lo spinge ad aprirsi con lui usando tutti i trucchi del mestiere, e un fiume di parole comincia a fluire dalle sue labbra. Racconta delle angherie subite nell’infanzia da parte degli altri bambini, del senso di inadeguatezza mista a rabbia per la mancata accettazione degli altri, che, a suo dire lo hanno sempre maltrattato e sfruttato, dei suoi impulsi sessuali. Dagli oscuri meandri della mente di Chikatilo, tra il 30 novembre e il 5 dicembre emergeranno via i mille, orrendi particolari degli omicidi commessi. Ne confesserà 56, offrendosi di accompagnare i poliziotti sui luoghi dove ha seppellito alcuni corpi fino al quel momento mai ritrovati.
Durante la prigionia di Chikatilo si renderanno necessarie speciali misure di sorveglianza. I crimini a sfondo sessuale, soprattutto contro i bambini, erano infatti intollerabili agli occhi degli altri detenuti, che a volte finivano per ammazzare il colpevole. Inoltre alcuni parenti delle vittime di Chikatilo lavorano nelle carceri, e la possibilità di un’esecuzione del prigioniero da parte loro, prima del processo, è decisamente alta. Rinchiuso nella sua cella Chikatilo viene sottoposto a stretta sorveglianza video, ma lui non lo sa. E il suo comportamento appare assolutamente normale: mangia, dorme, legge libri e giornali, dedica molto tempo a scrivere lettere di lamentele ai familiari, ai politici, ai mass media.
Il 20 agosto 1991, nel giorno successivo al colpo di stato che un gruppo di nostalgici del Cremlino ha messo in atto contro Michail Gorbaciov, Chikatilo viene condotto all’Istituto Serbskij di Mosca per un esame psichiatrico. L’analisi, che si conclude il 18 ottobre, stabilisce che l’imputato è sano di mente e responsabile delle azioni commesse.
Il 14 aprile 1992, il processo contro Chikatilo si apre nel Tribunale centrale di Rostov, in un clima di fortissima tensione. Sono presenti anche medici e infermieri, pronti a soccorrere i parenti delle vittime colti da malore a causa dei dettagli cruenti esposti nell’ aula. Chikatilo si esibirà in una serie di comportamenti bizzarri, dall’“Internazionale” urlata a squarciagola, alle riviste porno esibite provocatoriamente: mirati, forse, a ottenere un tardivo riconoscimento di infermità mentale, unico modo per evitare la pena di morte. Viene rinchiuso in una gabbia collocata al centro dell’aula, allo scopo di proteggerlo dagli assalti del pubblico inferocito, che continua a urlare minacce e insulti all’indirizzo dell’imputato, mentre qualcuno urla: lasciatelo libero, a lui ci pensiamo noi.
Il processo termina a luglio, ma la sentenza viene emessa il 15 ottobre 1992: dichiarato colpevole di 52 omicidi, più vari atti di libidine, Chikatilo è condannato alla pena capitale per ognuno dei crimini commessi.
La sua reazione sarà delirante: accusa il regime, i leader politici, la sua impotenza, la carestia che ha colpito l’Ucraina negli anni Trenta, ritenendoli responsabili per quanto gli è successo. Arriva a dire inoltre che ha fatto un grande favore alla società, depurandola da individui spregevoli come le prostitute e le alcoliste, o i ragazzi scappati di casa. Il 14 febbraio 1994 Andrej Romanov Chikatilo viene giustiziato con un colpo di pistola alla nuca nella prigione di Rostov, dopo che il presidente Boris Eltsin ha negato la grazia richiesta dalla difesa per il condannato.

giuliana.giani@fastwebnet.it


 

Può un uomo che ha ucciso e divorato per il suo piacere sessuale almeno 56 persone, la maggior parte delle quali giovani o giovanissime, essere considerato sano di mente? Cosa significa sanità poi, forse essere in grado di capire quello che stai facendo senza cadere all’apparenza in preda a deliri? Se hai il controllo delle tue azioni e dei tuoi pensieri sei comunque libero dai tuoi demoni interiori, anche se all’apparenza non rientrano nei canoni della pazzia? Le domande potrebbero essere infinite, ma a nessuna di esse riusciremmo a dare una risposta che non turbi comunque la nostra coscienza e le nostre certezze morali.
Prendiamo così atto che in natura a volte nascono persone che infrangono ogni tabù per soddisfare i propri piaceri, piaceri che praticamente a tutti suscitano orrore e disgusto perché non solo comportano l’uccisione di una vittima ignara, ma pure lo scempio del suo corpo, delle sue parti intime, in fondo dell’innocenza stessa del genere umano. Se la corte russa stabilì che Chikatilo era sano di mente, l’astrologia non può che confermarlo, pur puntando il dito sulle storture psicologiche, esistenziali e sessuali che la sua biografia ci ha descritto.
Se pure in rete circolano presunte ore di nascita di Chikatilo, di nessuna è rilevata la fonte e pertanto non possono essere ritenute attendibili. Per la nostra analisi saremo costretti ad analizzare il tema natale non domificato, con tutte le inevitabili approssimazioni e inesattezze che ciò comporta. A partire dalla posizione della Luna che, il 16 ottobre del 1936, passò dalla Bilancia allo Scorpione alle 2.47 ora di Greenwich. Salvo che fosse nato nelle primissime ore del mattino, il mostro di Rostov avrebbe dunque avuto una Luna in Scorpione. Anche però nel caso in cui fosse stata in Bilancia, avrebbe ricevuto un quadrato da Plutone a fine Cancro, con tutto quello che questo aspetto astrale comporta. Non va dimenticato inoltre che il Cancro è un segno lunare e l’aspetto negativo rafforza quindi la conflittualità tra Luna e Plutone. Ossia, partendo dalla simbologia di madre, una figura materna che aveva problemi con la sessualità, e che si presentava in forma contorta e poco chiara al figlio. Va detto però che, data la velocità della Luna, tre volte in 28 giorni essa riesce a formare un aspetto negativo con Plutone e, se sempre dà un rapporto irrisolto con la madre, quasi mai “crea” un Chikatilo… Inoltre, anche se la Luna fosse stata in Scorpione, avrebbe ricevuto un quadrato da Plutone per una nascita fino alle 15. Andiamo però oltre. La Luna riceve anche un’opposizione da Urano in Toro e il femminile, come pure il rapporto con le emozioni, è distorto, percepito in modo confuso e la donna è vissuta quanto meno come un oscuro oggetto del desiderio. Se la biografia di Chikatilo racconta che sua madre era una donna durissima, l’analisi astrologica afferma che era anche incapace di assolvere in forma decente il suo ruolo di madre. Ciò non giustifica ovviamente gli atroci e seriali omicidi del figlio, ci mancherebbe, però ci fa prendere atto di questa grandissima carenza di base. Leggermente meglio pare il padre, con quel Sole in Bilancia anch’esso quadrato a Plutone, ma parzialmente riscattato da un sestile di Giove in Sagittario. Se anche il padre era una figura contorta e irrisolta, almeno trasmise al figlio un pizzico di fortuna, quella che gli consentì di barcamenarsi nella vita fino a quando non fu identificato come l’autore degli orrendi crimini.
Fortuna sua, ma sfortuna delle povere vittima innocenti che gli capitarono a tiro, che furono vittime del suo Giove, di quella voracità frustrata che indirizzò le deficienze sessuali verso il cannibalismo.
Analizziamo ora quindi i pianeti della sessualità primaria, ossia Venere e Marte. Venere è a fine Scorpione, e riceve un trigono da Saturno in Pesci e un sestile da Nettuno in Vergine. L’affettività è quindi strana e contorta, ma gestita con lucidità e fantasia, in forma appartata ma pure controllata.
Chi invece è un disastro è Marte. È in Vergine, congiunto a Nettuno e opposto a Saturno, ma riscattato da un trigono a Urano. Nettuno inoltre è quadrato a Giove che, se pur non quadra tecnicamente Marte, influisce su di lui con l’aspetto negativo su Nettuno. La virilità è confusa (la congiunzione a Nettuno) e del tutto carente (l’opposizione di Saturno), ha complessi di inferiorità ed è suscettibile rispetto alle proprie carenze, forse l’uomo è davvero impotente, ma riesce a sopperire alla sua incapacità con la tecnica, l’astuzia, il coltello (il trigono di Urano). Il pianeta in Vergine riceve inoltre lesioni dai due segni gioviani/nettuniani, Sagittario e Pesci, e ha angosce rispetto a tutto e tutti che forse riesce a superare con la ripetitività, anzi con la serialità omicida. Intendiamoci, come sempre milioni di altre persone sono nate con la congiunzione di Marte e Nettuno in Vergine, ma nessun’altro si è trasformato in un Chikatilo. La coazione a ripetere in loro si è incanalata probabilmente in attività molto più innocue, anche a livello sessuale.
Va aggiunto che, nel tema del mostro, Mercurio è isolato. Come ha dimostrato in una relazione recente Franca Mazzei un pianeta solo leso è un pianeta che ha fame, non ha nutrimento sufficiente e cerca disperati recuperi. Se non riceve aspetti da altri pianeti, ha forse ancor più bisogno di avere conferme per sentirsi vivo. Ricordiamo che, tra le tante simbologie di Mercurio ci sono quelle di adolescenza e di adolescenti. Se di certo Chikatilo nella sua adolescenza è stato emarginato come vuole il pianeta isolato, ha poi cercato di recuperare, anche sessualmente, il rapporto con i giovani e le giovani, indistintamente dalla loro identità sessuale e dalla propria.
Peccato che il suo Marte non gli consentisse di sfogare in maniera lineare la carica erotica. E che quel suo Giove disastrato in Sagittario non perdesse affatto la sua voracità, nonostante le pesantissime lesioni. Anzi, a causa delle negatività aveva sempre più fame e sfogava il suo pessimismo cosmico in un appetito mai sazio, che aveva bisogno di riti per placare le proprie ansie. Il pianeta inoltre è quadrato a Nettuno – astro indispensabile nell’equilibrio psichico – come pure è quadrato a Saturno in Pesci nei gradi centrali, quelli governati dalla Luna. Le angosce sono quindi legate soprattutto a un’emotività irrisolta.
Chikatilo era quindi una mina vagante, che dietro la facciata perbenistica della Bilancia, nascondeva un inferno interiore che esigeva sacrifici, ripetuti e multipli.
Se l’eco di episodi cannibalici avvenuti durante la sua infanzia in tempo di guerra può essere rimasta impressa nel suo inconscio, non può di certo essere stata sufficiente a scatenare le sue pulsioni omicidi.
Vediamo di capire invece cosa avvenne a livello di transiti all’epoca del primo omicidio, nel dicembre 1978. Gli esperti di serial killer affermano che è spesso un impulso imprevisto scoperto dall’assassino durante il primo omicidio ad allentare i freni inibitori e a liberarne le pulsioni più immonde.
Chikatilo è impotente o semi-impotente e proprio per questo cerca una bambina, che non è in grado di rinfacciargli le sue carenze e dalla quale forse non sospetta una reazione difensiva che scatena la furia cieca, e un orgasmo per altri versi irraggiungibile.
In quel periodo Saturno in Vergine transita esattamente sul suo Marte, sciogliendo l’opposizione natale e, per sfortuna della prima vittima, rende la sua carica aggressiva più sicura e vendicativa. E da lì inizia la discesa, scoperchiando il vaso di Pandora delle fantasie più truci, perché ora che le ha messe in atto il serial killer Chikatilo non può più resistere loro.
O almeno sa trattenersi fino all’81, quando Plutone passa sul suo Sole. Le frustrazioni accantonate dentro di sé per anni e anni ora esplodono in pieno e nel modo più sanguinario. Non ha senso cercare di capire perché in certi periodi uccise e in altri si fermò, si può solo dire che una volta spalancata la porta dell’abisso è impossibile non precipitarvi dentro.
Paradossalmente al momento del suo arresto, il 20 novembre del 1990, nessun transito planetario era negativo, anzi il Sole era in trigono al suo Plutone e Nettuno mandava un trigono al suo Marte, amplificando l’aspetto natale di confusione. Nemmeno al momento della condanna, nel ’92, i transiti planetari dicevano nulla di importante, come se i giochi fossero già stati fatti. Fu invece nel momento dell’esecuzione, nel ’94, che i nodi vennero al pettine, con Nettuno e Urano che gli quadravano il Sole. Troppo poco per uno dei criminali più folli e furiosi della storia dell’umanità? Chissà, forse nemmeno le stelle vogliono aprire gli occhi di fronte a certi orrori…

La sentenza del Tribunale astrologico

Non vorremmo emettere questa sentenza, è al di là delle nostre capacità. Preferiremmo che la storia di Chikatilo fosse inventata di sana pianta, che il mostro di Rostov rappresentasse solo un raccapricciante parto della fantasia, che fosse una sorta di orrido demone interiore inventato dal nostro Super Io o da chi per lui affinché nessuno raggiungesse mai quel livello di atrocità, per di più reiterato compulsivamente, lasciandosi alle spalle con somma indifferenza una montagna di cadaveri. Se uno spirito maligno avesse accatastato uno sopra l’altro i corpi delle almeno 56 vittime di Chikatilo si sarebbe creato una “collina” simile a quelle trovate ad Auschwitz. Che motivazioni logiche si possono trovare di fronte alla follia nazista? Nessuna. Che motivazioni logiche si possono trovare di fronte alla follia sessuale di Chikatilo? Nessuna. E astrologicamente? Certo, potremmo sì dire che si trattava di una persona terribilmente frustrata, con grossissimi problemi erotici e sociali, ma di quanti altri milioni di persone potremmo dirlo? Ci limitiamo quindi a constatare che, se pure il tema natale di Chikatilo era potenzialmente portatore di quello che egli ha commesso, l’orrore va al di là delle nostre possibilità di comprensione. Meglio allora archiviare per sempre la sua lucida, sanguinaria follia, seppellirla e cospargerla di calce viva, sperando che il suo nome resti solo e per sempre come massimo esempio di abominio del genere umano.

massimomichelini1@virgilio.it

2 gennaio 2011



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