I
golosi pasticcini di Mamma Leonarda
Un’infanzia
tragica quella di Leonarda Cianciulli, passata alla storia del crimine
come la saponificatrice di Correggio. La madre, Emilia di Nolfi, rimasta
incinta a seguito di uno stupro, è costretta a sposare il suo
violentatore. Ovviamente non lo ama, come non può amare Leonarda,
frutto amaro di una unione nata nel peggiore dei modi, venuta alla
luce alle 18 del 18 aprile 1894 (1) a Montella, provincia
di Avellino. Rimasta presto vedova Emilia si risposa e mette al mondo
altri figli.
Bambina non desiderata, malaticcia ed epilettica, trattata dai fratellastri
come una paria, Leonarda tenterà più volte il suicidio.
«Cercai due volte di impiccarmi, una volta arrivarono in tempo
a salvarmi e l’altra si spezzò la fune. La mamma mi fece
capire che le dispiaceva di rivedermi viva. Una volta ingoiai due
stecche del suo busto, sempre con l’intenzione di morire, e
mangiai dei cocci di vetro: non accadde nulla».
Adolescente sgraziata e goffa, dal viso mascolino, scopre comunque
di piacere agli uomini. Il sesso diventa così un modo per evadere
da una vita piatta e grigia, da una famiglia che la rifiuta. La madre
le ha già scelto come futuro marito un cugino, ma Leonarda
non ci sta, perché ha progetti diversi. Il prescelto è
Raffaele Pansardi, impiegato statale. Emilia maledice la figlia ribelle
e per protesta non va al matrimonio.
La coppia si stabilisce a Lariano, piccolo paese dell’Alta Irpinia.
Lui guadagna poco, lei cerca di arrotondare le magre entrate del capofamiglia
con traffici poco puliti che le varranno, in pochi anni, tre condanne
per truffa. C’è poi il calvario delle numerose gravidanze
destinate a concludersi ogni volta tragicamente: tre aborti e otto
bambini morti poco dopo la nascita. Nella mente di Leonarda nasce
la certezza che causa di tanto dolore sia la maledizione che sua madre
le ha lanciato al momento delle nozze con il Pansardi. Ma poi, finalmente,
una dopo l’altra, arrivano quattro creature destinate alla vita,
sulle quali lei rovescerà tonnellate di trepido amore.
Dopo il terremoto del 23 luglio 1930, che distrugge la loro casa privandoli
di ogni avere, i Pansardi emigrano al Nord e si trasferiscono a Correggio,
vicino a Reggio Emilia, in una squallida camera ammobiliata. Raffaele
tenta di trovare un lavoro, o così almeno fa credere, perché
in realtà le sue giornate trascorrono all’osteria. Ci
sono, dunque, quattro ragazzi da tirare su rimboccandosi le maniche,
perché alle necessità di moglie e figli quello scansafatiche
del marito non ci pensa proprio. Leonarda ha giurato a se stessa che
ai suoi ragazzi non dovrà toccare in sorte la vita grama che
ha dovuto sopportare lei. E se li cova con lo sguardo lucido di orgoglio,
i suoi gioielli: Giuseppe, il primogenito, il cocco di mamma, Bernardo,
Biagio e Norma. Per dare loro tutto quello che serve mette in piedi
un piccolo commercio di abiti usati e si crea una cerchia di affezionate
clienti che vengono a farsi predire il futuro o togliere il malocchio.
Nonostante il pesante ménage che le grava sulle spalle, Leonarda
è sempre allegra, carica di energia e di progetti per il futuro.
Nel modestissimo alloggio della famiglia Pansardi c’è
il rito del tè con gli squisiti pasticcini che la padrona di
casa prepara con le sue mani e offre ogni giorno alle 17 in punto,
cascasse il mondo, alle sue visitatrici. La casa è sì,
malandata, però accogliente e calda, con quattro bambini accuditi
e amati e sempre qualcosa di buono che bolle nelle pentole. «La
sua abilità di cuoca era talmente nota che persino il fascista
Roberto Farinacci, uno tra i più sanguinari organizzatori delle
spedizioni punitive, trovandosi a passare da Correggio gustò
a merenda una torta confezionata dalla Cianciulli». (Massimo
Polidoro, Cronaca nera. Indagine sui delitti che hanno
sconvolto l’Italia, Piemme 2005, pag. 77).
Da lei vanno volentieri un po’ tutte, dalla poveraccia senza
arte né parte alla matrona benestante. Leonarda le accoglie
con grande gentilezza, il viso largo e colorito illuminato da penetranti
occhi neri che fissano attenti l’interlocutore.
Il giorno in cui Raffaele, il marito ubriacone e nullafacente, se
ne andrà sbattendo la porta, stanco dei rimbrotti che la moglie
gli muove ogni giorno, per lei sarà una vera liberazione. Nel
frattempo i suoi affari stanno prosperando, sono arrivati i soldi
per il risarcimento dei danni subiti dai Pansardi nel terremoto del
1930. Ora Leonarda può permettersi un alloggio migliore, in
Via Cavour 11/A, e assumere persino una domestica per le faccende
pesanti. I figli più giovani frequentano regolarmente la scuola,
Giuseppe si iscrive alla Facoltà di Lettere di Milano nel 1939.
Ma questo è anche l’anno in cui le voci dell’entrata
in guerra dell’Italia si fanno sempre più allarmanti.
Il ragazzo ha l’età giusta per essere chiamato alle armi,
e Leonarda trema al pensiero di perderlo. No, il suo Giuseppe non
deve toccarglielo nessuno. Costi quello che costi,
lei impedirà che questa giovane, preziosissima vita, venga
sacrificata. Sì, ma come?
La risposta arriva in un sogno dove, così racconterà
Leonarda al processo, le appare la Madonna con un bambino nero tra
le braccia e un messaggio chiarissimo: per salvare la vita di Giuseppe,
e quella degli altri due maschi, dovrà sacrificare tre vittime
umane. Va ricordato che in Leonarda Cianciulli la superstizione è
profondamente radicata. Nella sua giovinezza una zingara non le aveva
forse predetto che i suoi figli sarebbero morti tutti? E un’altra
che lei, Leonarda, sarebbe finita in carcere e in manicomio? Per scongiurare
la prima, terribile profezia, cui si è aggiunto il sogno, non
le rimane dunque che uccidere.
Tre donne sole, non più giovani, sono le vittime predestinate.
La prima è Faustina Setti, un’ultrasettantenne ancora
in cerca del principe azzurro. Leonarda la convince che c’è
un buon marito pronto per lei, uno scapolo benestante che vive a Pola.
Faustina dovrà però vendere casa, mobilia e il pezzetto
di terra di sua proprietà per non presentarsi a mani vuote
al suddetto gentiluomo. Ma soprattutto non dica niente a nessuno,
per non suscitare l’invidia delle amiche meno fortunate. Il
18 dicembre 1939, mentre Faustina è china su un foglio dove
ha scritto, dietro suggerimento di Leonarda, una lettera che dovrà
poi inviare da Pola ai conoscenti di Correggio per tranquillizzarli
circa la sua partenza improvvisa, un colpo di scure sferratole alle
spalle dalla Cianciulli le spacca il cranio.
Per disfarsi del cadavere l’assassina lo fa a pezzi, gettando
i più grossi in un pentolone insieme a cinque chili di soda
caustica. Poi, con il sangue coagulato della vittima, seccato in forno
e unito a farina, zucchero, latte, uova, cioccolato e margarina, prepara
i suoi famosi dolcetti da offrire ai figli e agli ospiti. Stesso rituale
con la seconda vittima, Francesca Soavi, 55 anni, che fatica ad arrivare
a fine mese con i magri proventi di una specie di asilo d’infanzia
messo su tra le pareti domestiche. Un giorno la Cianciulli le comunica
la bella notizia: è riuscita, tramite le solite conoscenze
di cui si vanta sempre, a trovarle un posto come istitutrice in un
collegio di Piacenza. Francesca deve però presentarsi subito
al direttore, non c’è tempo da perdere, molte altre aspirano
a quella posizione: che dia una procura all’amica Leonarda e
a vendere le sue poche cose ci penserà lei. Il 5 settembre
1940 il corpo di Francesca finisce nel solito pentolone, il sangue
nei soliti pasticcini.
La terza e ultima vittima, Virginia Cacioppo, è una ex cantante
lirica cinquantatreenne costretta a vivere in ristrettezze, sognando
un improbabile ritorno sul palcoscenico. Nessun problema, assicura
Leonarda: per Virginia è infatti pronto un impiego a Firenze,
come segretaria di un impresario teatrale. Ma per carità, non
ne faccia parola con nessuno, sempre per via delle solite malelingue
invidiose che girano in paese. Il 30 settembre 1940 anche Virginia
finisce nel pentolone. Questa volta però, il grasso ricavato,
previa aggiunta di un flacone di colonia, verrà usato da Leonarda
per confezionare saponette e candele che regalerà alle vicine.
A mettere la giustizia sulle tracce della saponificatrice sarà
Albertina Fanti, cognata della Cacioppo. Allarmata dalla scoperta
che Virginia non è mai arrivata a Firenze, dopo averle scritto
della buona occasione capitatale, la Fanti si precipiterà da
Napoli, sua città natale, a Reggio Emilia, per denunciare la
scomparsa della parente. Nel corso di una perquisizione in casa Cianciulli
verranno trovati abiti appartenenti all’ultima vittima, e in
un misterioso mattone, consegnato da Leonarda ad Abelardo Spinabelli,
un rigattiere con il quale tratta vari affarucci, i gioielli della
donna uccisa. L’incriminazione per la Cianciulli e Spinabelli
è di omicidio premeditato e rapina, mentre il figlio Giuseppe
viene incriminato per favoreggiamento.
Dall’agosto
1941 al marzo 1943 Leonarda è rinchiusa nel manicomio giudiziario
di Aversa, in provincia di Caserta. Qui, dietro consiglio dei suoi
avvocati, scrive un memoriale di 700 pagine raccolte sotto il titolo
Confessioni di un’anima amareggiata. Per salvarla dalla
pena di morte, reintrodotta sotto il regime fascista, l’unica
è infatti riuscire a dimostrare che la donna è incapace
di intendere e di volere. E infatti dal manicomio di Aversa Leonarda
uscirà con una diagnosi di infermità totale di mente.
Il processo alla Cianciulli verrà sospeso per le tragiche vicende
del Paese, per essere ripreso a guerra finita, l’11 giugno 1946,
davanti alla Corte d’Assise di Reggio Emilia. Leonarda si assume
l’intera responsabilità delle tre morti, scagionando
con parole veementi l’adorato figlio da qualsiasi complicità.
«Peppino non è colpevole... Mio figlio è innocente...
La criminale sono io... Sottoponete me a tutte le torture che volete,
ma persuadetevi che mio figlio soffre senza alcuna colpa”. Non
si mostra pentita per ciò che ha fatto, ma respinge sdegnosamente
l’accusa di avere ucciso quelle poverette per interesse. “Uccidendo
quelle tre donne sono riuscita a beffare la morte e a impedirle di
strapparmi mio figlio... Non ho ucciso per odio o per avidità
ma solo per amore di madre».
La Corte stabilirà che è lei l’unica responsabile
dei tre omicidi, condannandola a trent’anni di carcere e a tre
di manicomio giudiziario. Leonarda muore nel manicomio giudiziario
per donne di Pozzuoli il 15 ottobre 1970, stroncata da apoplessia
cerebrale, all’età di 78 anni. Fino all’ultimo
continuerà a sfornare biscotti e torte che però, è
la testimonianza di una suora che l’ha conosciuta, «nessuna
detenuta si azzardava a mangiare perché erano convinte che
contenessero qualche sostanza magica».
Giuliana Giani
L’Ariete,
si sa, ha sempre fretta e non vuol perdere tempo inutilmente. Quando,
nel corso del processo per i delitti dei quali la Cianciulli era accusata,
un esperto di medicina legale affermò che, per smembrare un
cadavere, era necessaria almeno un’ora e tre quarti, lei dimostrò
che le bastava un quarto d’ora. In che modo? Due sono le versioni.
Secondo la prima, che sembra però appartenere alla leggenda,
si fece portare il corpo di un vagabondo morto in ospedale e lo dissezionò
in 12 minuti. Gli Autori ritengono invece attendibile quanto scrive
Massimo Polidoro (op. cit. pag. 94): «Non le si fornì
un cadavere di un barbone da sezionare e saponificare… ma ci
fu una dimostrazione simulata… La sera dell’11 luglio
il medico delle carceri, dottor Campani, si recò dalla Cianciulli
allo scopo di esaminare la cicatrice residuata dal colpo di rasoio
da lei stessa infertosi durante una delle gravidanze per evitare,
come disse lei, che nascesse un bambino deforme.. ». In quell’occasione
Leonarda dichiaro che era pronta a dimostrare come aveva ucciso e
smembrato Faustina Setti, la sua prima vittima. «Pregata dalla
Cianciulli, accettò di sottoporsi al ‘sacrificio’
virtuale la sua compagna di cella, Celestina Dodi. Il medico accompagnò
le due donne in una cella più grande…La Dodi fu fatta
sedere su una sedia che la Cianciulli trascinò con facilità
fino a un lavabo… Le rovesciò la testa all’indietro
e, con un gesto della mano, simulò l’atto di tagliargliela
con la scure». Seguì la finta escissione di braccia e
gambe e, per finire, passò al tronco: «Si apre così
per estrarre le viscere» spiegò, mentre tracciava sull’addome
di Celestina Dodi un segno trasversale. Tempo impiegato per tutta
l’operazione? Cinque minuti. Davvero un record da Guinness dei
primati.
La domanda che spesso ricorre a proposito dei serial killer è:
«Ma sono pazzi davvero oppure no?» Lo psichiatra Filippo
Saporito, allievo di Cesare Lombroso, dichiarò che Leonarda
Cianciulli era incapace di intendere e di volere perché resa
isterica da un esasperato istinto materno. Anche
la sentenza emessa dalla Corte al processo di Reggio Emilia, il 20
luglio 1946, accordò all’imputata il beneficio della
seminfermità di mente, condannandola a trent’anni di
reclusione, preceduti da tre anni di ricovero in una casa di salute
e di custodia. L’astrologo, invece, analizzando il tema natale
della saponificatrice di Correggio, può escludere una diagnosi
di follia. ? stata un personaggio sopra le righe, questo sicuramente
sì, come spesso accade a molti Arieti che non amano le mezze
misure, agiscono d’impulso, e non pongono tempo tra pensiero
e azione.
Il primo elemento che balza all’occhio esaminando i suoi pianeti
di nascita è la Luna in Bilancia e in dodicesima casa, in trigono
a Marte, Plutone e Nettuno ma anche opposta a Mercurio. Leonarda Cianciulli
doveva essere una persona dotata di emotività e sensibilità
estreme, quasi ai confini della medianità. Molto forte era
inoltre in lei il pensiero della morte (grazie alla fortissima presenza
di pianeti in ottava casa), unito a un esasperato istinto materno.
Più che comprensibile, del resto: perdere otto figli non è
uno scherzo.
Tutti sanno che chi possiede un’emotività difficile da
controllare talvolta sembra superare la linea di confine con la follia,
con quelle che comunemente vengono dette manifestazioni isteriche.
A volte poi, chi non è in grado di gestire per nulla le proprie
emozioni può – stabilmente o per periodi più o
meno lunghi – avere accessi di follia. E per giungere a far
fuori tre mature signorine bisogna aver davvero superato quella linea.
A meno che… A meno che non ci fosse altro (o anche qualcosa
d’altro) dietro agli omicidi.
Analizziamo ora la tipologia dei delitti di cui si è macchiata
la Cianciulli: tutti e tre furono programmati ed eseguiti dopo un’attenta
pianificazione e con grande cura per i dettagli, cosa che piace a
una razionale Luna in Bilancia, che sa valutare i pro e i contro di
ogni situazione. Individuò le vittime giuste, si prese beffe
di loro, le convinse a fare armi e bagagli, e al momento opportuno
assestò il fatale colpo di scure con determinazione marziana,
mirando alla testa, parte del corpo governata dall’Ariete, il
segno del suo Sole di nascita. Particolare interessante: le malcapitate
non furono scelte solo come corpi da sacrificare per sconfiggere la
maledizione lanciatale dalla madre, ma anche in virtù di quello
che la Cianciulli poteva ricavare di utile dalla loro morte: a parte
i soldi e gli abiti sottratti, da pratica massaia trovò il
modo per trasformare in saponette e biscottini quei poveri resti.
Ma com’è possibile che tre donne non certo sprovvedute,
che qualcosa della vita dovevano pur conoscere, siano cascate come
pere cotte nella diabolica trappola? Una spiegazione astrologica ovviamente
c’è. Nell’oroscopo dell’assassina si osserva
una fortissima casa ottava in Gemelli, segno governato da Mercurio
e Plutone, che le conferisce una grande capacità di manipolare
gli altri, grazie anche a probabili spiccate capacità oratorie
unite all’abilità tutta mercuriale di raccontare frottole
all’occorrenza (Giove in Gemelli in una casa plutonica), e a
un interesse notevole per il denaro altrui, oltre a un forte, quasi
martellante pensiero che verte sulla morte: la propria e quella degli
altri.
Stando così le cose, per sentirsi viva, per allontanare il
chiodo fisso della morte – sua e soprattutto dei figli adorati
– Leonarda doveva agire, brigare, intrallazzare, senza guardare
tanto per il sottile ciò che è bene e ciò che
è male, compreso quello che viene ritenuto il male supremo
nella nostra società: l’uccisione di persone innocenti.
In lei, quindi, la pulsione di morte va di pari passo con la grande
voglia di vita, come sempre accade all’Ariete, cui si attaglia
alla perfezione la frase preferita di Rossella O’Hara, l’indimenticabile
protagonista di Via col vento: «Ci penserò domani».
Ma la vita, anche se va avanti giorno dopo giorno, non è quasi
mai un sentiero pianeggiante disseminato di piaceri e soddisfazioni.
L’Ariete, il primo segno dello Zodiaco, sa benissimo che l’esistenza
può costituire un campo di battaglia –
o molti campi di battaglia – ed è perciò
pronto ad affilare le proprie armi per sbaragliare i nemici. E, se
non ci sono nemici reali con cui battersi, a volte ritornano i fantasmi
interiori, quelli che sussurrano all’orecchio, parafrasando
il celebre detto latino, «mors sua, vita tua». La morte
di Faustina Setti, la morte di Francesca Soavi, la morte di Virginia
Cacioppo in cambio, ogni volta, della vita di Leonarda Cianciulli
o, meglio ancora, della vita di un figlio troppo amato.
Non
sapremo mai se la saponificatrice di Correggio abbia sognato per davvero
la Madonna che avrebbe detto alla madre angosciata di sacrificare
tre vite umane per salvare l’amato Giuseppe e gli altri due
maschi dal rischio di cadere sotto il fuoco nemico nel corso della
seconda guerra mondiale. Verità, suggestione o mistificazione
che sia, questa bizzarra apparizione mariana resta pur sempre un prodotto
della mente di Leonarda, generato dai suoi demoni interiori. Ai tempi
del processo della Cianciulli la psicoanalisi non era ancora di moda.
Sigmund Freud era morto da pochi anni e le sue teorie non avevano
ancora trovato quella diffusione di massa che avrebbero raggiunto
in seguito. Ma anche chi abbia letto solo un’edizione economica
di un libro del grande viennese potrebbe interpretare con facilità
quel sogno, o fantasia, o eventuale racconto affabulatorio inventato
ad arte da Leonarda per coprire i propri delitti. Per salvare i tre
figli lei doveva uccidere tre donne anziane, trasmutazione fantastica
ad opera del proprio inconscio, per far fuori – e definitivamente
– Emilia, la terribile madre anaffettiva, protagonistica e giudicante,
così bene evidenziata nel tema natale della Cianciulli da una
Luna (madre) fortissima, lesa da Mercurio (figlio).
A detta di chi l’ha frequentata, Leonarda sapeva essere estremamente
gentile e socievole, cosa garantita dal suo Ascendente in Bilancia
e da ben sei pianeti in segni d’aria. Ma era anche impetuosa,
scaltra e diplomatica. Negli anni diventò una vera autorità
in materia quando si trattava di fornire consigli e suggerimenti specie
a donne sfortunate in amore. Ne era attratta, e riusciva ad attrarle,
grazie alla sua sognante e compassionevole Venere in Pesci, per poi
dirigere con mano ferma, sebbene in maniera indiretta la loro vita,
cosa che piace molto all’Ariete, segno che non sopporta di occupare
una posizione subalterna.
Leonarda Cianciulli avrebbe potuto continuare nel suo pacifico trantran
esistenziale, se qualcosa non fosse scattato a un certo punto nella
sua mente. Che si trattasse di follia o di intento criminale, agì
comunque subendo alcuni dei condizionamenti tipici dell’Ariete,
vale a dire la tendenza a esagerare e l’ingenua convinzione
di farla franca.
Il suo Urano in prima casa, fortemente stimolato, aveva bisogno di
fare, fare, fare e ottenere risultati utili, anche economici e con
mezzi non necessariamente leciti, come vuole il segno che lo ospita,
lo Scorpione.
Al momento dei delitti, soprattutto il primo, i transiti planetari
la stimolavano ad agire, anche grazie a un’estrema fiducia nei
propri mezzi. Il movimento dei pianeti, il giorno dell’omicidio,
non indica squilibri emotivi tali da causare un offuscamento delle
capacità intellettive e raziocinanti. Plutone, a 2° del
Leone in sestile al Giove radix, sembra suggerire, all’opposto,
una sicurezza ancora più grande del consueto, quella che incita
a sfidare qualsiasi ostacolo, poiché si ha dentro di sé
la presunzione di riuscire a farla franca.
La facilità con cui era riuscita a compiere il suo primo omicidio
spinse la Cianciulli a sottovalutare l’intelligenza altrui,
quella degli investigatori e dei parenti delle vittime, seminando
indizi che porteranno poi al suo arresto. Comportamento, quest’ultimo,
non infrequente nell’Ariete, che si entusiasma per i successi
iniziali e non vede i trabocchetti che si aprono via via sotto i suoi
piedi.
Quanto ai transiti planetari al momento dei delitti, nessuno parlava
di squilibri emotivi, anzi.
Da sottolineare, infine, che la saponificatrice di Correggio confessò
i suoi delitti solo quando gli inquirenti incriminarono il figlio
maggiore, il suo preferito. Non c’erano infatti prove inconfutabili
contro di lei, che aveva fatto sparire i corpi delle vittime sciogliendoli
nella soda caustica. Concludendo: pur non avendo la certezza delle
autentiche motivazioni di questi crimini, così efferati da
essere rimasti indelebilmente impressi nell’immaginario collettivo,
non ci resta che constatare la singolare “coerenza” del
comportamento di Leonarda Cianciulli. Uccise per amore dei figli e
finì dietro alle sbarre sempre per lo stesso motivo.
La sentenza del tribunale astrologico
Leonarda Cianciulli era capace di intendere e volere, era fortemente
attaccata alla vita ma anche ossessionata dalla morte, istrionica,
superstiziosa e bugiarda. Se fosse vissuta in un’altra epoca
avrebbe potuto, perché no, occuparsi di finanza, televendite
o magari di politica. Ma essendo nata prima dei tempi giusti non le
rimase che farsi carico della felicità di tre donne sole di
una certa età, e risolse il problema alla sua maniera: affrettando
la dipartita di quelle poverette da questa valle di lacrime. Perché
l’Ariete, come già detto all’inizio, ha sempre
fretta. E, dulcis in fundo, non sopporta proprio l’idea
della vecchiaia…
Massimo Michelini
Questo articolo è apparso per la prima volta
sul numero 2 di M-Rivista del mistero, nel dicembre 2006.
(1) Le biografie danno di
solito come data di nascita di Leonarda Cianciulli il 1893. Grazia
Bordoni, la più attendibile tra gli studiosi di astrologia
che si occupano di raccogliere i dati natali di personaggi famosi,
ha in mano un certificato di nascita che indica la data riportata.
Ad esso ci siamo attenuti per redigere questo studio.