Marciapiedi di sangue
– Andrew Cunanan
Miami
Beach, Florida, mattina del 15 luglio 1997. Dopo avere bevuto un espresso
e letto i giornali italiani al “News Café”, Gianni
Versace, 50 anni, il grande stilista a capo di un impero stimato 560
milioni di dollari, ritorna alla sua lussuosa villa in Ocean Drive.
Gianni aveva comprato “Casa Casuarina”, una vecchia villa
dei quartieri alti di Miami, e speso milioni di dollari per ristrutturarla.
Adorava quella fastosa dimora d’Oltreoceano, dove si sentiva
tranquillo e al sicuro, tanto da non ritenere necessarie guardie del
corpo o sistemi antiallarme.
Mentre sta infilando la chiave nella serratura della porta, risuona
una voce maschile: «Gianni…». Lui si volta e in
una frazione di secondo crolla a terra, ucciso da due pallottole sparategli
in testa. L’assassino è un bel ragazzo in shorts grigi
e maglietta bianca. Il compagno di Versace, Antonio d’Amico,
accorso al rumore degli spari, cerca di inseguire il giovane, che
lo fronteggia con l’arma spianata e gli intima di andarsene,
ma non fa fuoco. Successivamente si rifugia in un parcheggio sotterraneo
nelle vicinanze, dove la polizia ritroverà una Chevy rossa
al cui interno ci sono vestiti insaguinati e un passaporto USA con
il nome di Philiph Cunanan.
L’FBI scatena una gigantesca caccia al killer di Versace. Sui
“Wanted” – ricercato – affissi ovunque si
specifica che l’uomo è armato ed estremamente pericoloso.
Il 25 luglio, il custode di una grande barca attraccata al porto,
ad appena due isolati da “Casa Casuarina”, entrando nell’imbarcazione
per un controllo capisce che un intruso è salito a bordo. Mentre
l’uomo si precipita fuori per chiamare la polizia, sente uno
sparo proveniente dall’interno. I poliziotti accorsi, dopo avere
intimato all’occupante di uscire, e avere atteso per cinque
ore – strano, questo lungo lasso di tempo – iniziano a
sparare gas lacrimogeni all’interno della barca. E visto che
nessuno compare, alle ore 21 fanno irruzione. Troveranno Cunanan morto,
disteso supino, con addosso solo i boxer. Si è sparato in bocca
con un calibro .40, la stessa arma che ha ucciso lo stilista italiano.
Questa, almeno, la versione ufficiale degli inquirenti.
Sante Versace ha escluso categoricamente che suo fratello Gianni e
Cunanan si conoscessero. Qualcuno ha parlato anche di una possibile
vendetta della mafia americana, legata a chissà quali oscuri
traffici che avrebbero visto coinvolto il grande stilista, e quindi
Cunanan avrebbe ucciso su mandato, ma niente è emerso a suffragare
questa ipotesi. Tre giornali inglesi che l’hanno sostenuta saranno
querelati dalla famiglia Versace e costretti a pubblicare le loro
scuse e pagare i danni. Appare credibile, per contro, che a far scattare
il raptus assassino nei confronti di un personaggio giunto in cima
alla piramide del successo, amico di vip e teste coronate –
dalla principessa Diana a Elton John, da Madonna a Carolyn Bessette,
moglie di John John Kennedy – sia stata l’invidia paranoica.
Gianni Versace impersonava infatti tutto quello che Andrew Cunanan
aveva disperatamente inseguito, senza riuscirci: fama mondiale, disponibilità
economiche quasi illimitate.
Ma sulla morte del killer di Versace continua, ancora oggi, ad aleggiare
un punto interrogativo. È stato davvero lui a spararsi o sono
state le forze dell’ordine a farlo, ma in modo che risultasse
un suicidio agli occhi dell’opinione pubblica? E in tal caso,
perché? Non vogliamo però addentrarci su un terreno
che esce dalla nostra competenza. Vediamo, invece, in sintesi, il
profilo del giovane pluriassassino.
Andrew Philiph Cunanan nasce a San Diego, California, il 31 agosto
1969 alle 22.41, ultimo di quattro figli. È un bel bambino,
molto intelligente, che a sei anni legge già la Bibbia. Frequenta
la Bishop School, un istituto di élite a La Jolla, mostrando
fin da giovanissimo una personalità narcisista, decisa a emergere
a tutti i costi dalla massa, grazie al fisico attraente. Poserà,
ad esempio, come modello di Calvin Klein per un album fotografico
della sua scuola. Di lui i compagni dicono che è uno «nato
per non essere dimenticato». Il padre, di origine filippina,
dopo aver prestato servizio in marina, finisce nel mirino della legge
per truffa e fugge dagli Stati Uniti per rifugiarsi a Manila: la sua
famiglia è ridotta sul lastrico. Andrew, che ha 19 anni, interrompe
gli studi e raggiunge il genitore nella capitale delle Filippine,
ma ci resta poco, disgustato dalle condizioni precarie in cui vive
il padre.
Agli
inizi degli anni ’90 Cunanan è ormai una figura di spicco
nella comunità gay di San Francisco: cena nei ristoranti più
lussuosi, veste abiti firmati e si mantiene facendo lo gigolò
per accompagnatori benestanti. Oltre alla bellezza fisica è
dotato di charme, carisma e buona cultura. Ma, a detta dei suoi occasionali
amanti, è anche un tipo che ha un maniacale bisogno di mettersi
in mostra, di provare agli altri che lui “vale”, che lui
“è qualcuno”. Gli piace anche assumere identità
diverse, facendosi credere una star di Hollywood o un ufficiale navale
di Yale.
Ma nell’autunno del 1996 qualcosa fa crollare l’esistenza
dorata del giovane Cunanan: da problemi di droga alla fine della relazione
con il suo ultimo “benefattore”, un anziano mecenate.
Addio locali di lusso, ostriche e champagne, palestre e capi griffati,
tasche piene di dollari facili. Andrew piomba nella depressione più
nera, si trascura, si lamenta di non riuscire più ad avere
appuntamenti sessuali redditizi. Rimpiange inoltre, a detta dei testimoni
dell’epoca, quella che definisce l’unica relazione perfetta
della sua vita: con David Madson, affascinante architetto di Minneapolis
(Minnesota) che ha preso le distanze da lui perché ne disapprova
la tossicodipendenza.
Nell’aprile del 1997, dopo una cena d’addio agli amici
californiani, Cunanan annuncia loro che lascerà San Francisco
per andare, appunto, a Minneapolis, dove ha «faccende personali»
di cui occuparsi. Compra un biglietto aereo di sola andata, riuscendo
a convincere la compagnia della sua carta di credito a fornirgli i
soldi per questo e altri acquisti.
David Madson accoglie bene il suo ex. Nella notte del 27 aprile, due
giorni dopo il suo arrivo, Cunanan invita un suo amico, Jeffrey Trail,
ex ufficiale della marina di San Diego, e ora impiegato presso un’azienda
di gas di Minneapolis, nell’appartamento di Madson. Poco prima
delle 22 i vicini sentiranno grida violente e colpi provenire dall’abitazione
dell’architetto. Ma che cosa sta succedendo? La prima teoria
sostiene che Cunanan abbia violentemente litigato con Trail che lo
rimproverava per la droga assunta. La seconda ipotizza che si sia
infuriato dopo aver scoperto che tra Madson e Trail era nata una tresca.
Sta di fatto che due giorni dopo la polizia troverà nell’appartamento
di Madson il corpo di Trail massacrato con oltre due dozzine di martellate
in testa, e avvolto in un tappeto. Ed è l’uccisione di
Trail a segnare l’inizio di quella discesa all’inferno
di Cunanan culminata con il “suicidio” nella barca di
Miami.
Il 1 maggio 1997, un giovedì, Andrew e David, che hanno lasciato
la casa di quest’ultimo prima che gli agenti scoprissero il
cadavere di Trail, fanno una gita a un lago distante un’ottantina
di chilometri da Minneapolis. E qui, usando la pistola di Trail, Cunanan
spara alla testa dell’ex amante, ne butta il cadavere nel lago
– verrà ritrovato da un pescatore – e si allontana
a bordo della Jeep rossa della sua seconda vittima.
Tappa successiva: Chicago. Cunanan si insedia nella
casa del settantaduenne miliardario Lee Miglin, lo uccide dopo averlo
torturato e lo decapita con una sega da giardino. Ruba la Lexus verde
di Miglin e punta verso est. A Pennisville, nel New Jersey, uccide
il custode del cimitero, William Reese, 45 anni, e fugge sul suo pickup
rosso. La sua ultima destinazione, nonché il suo fatale appuntamento
con il destino, è Miami Beach, dove il 12 maggio prende in
affitto una stanza dell’hotel Normandy Plaza. Il proprietario
e una cameriera lo descriveranno come una persona molto gentile, educata
e discreta, che non riceve ospiti e non usa nemmeno il telefono. Il
seguito già lo conosciamo. L’affascinante ragazzo che
sognava successo e ricchezza, e che per procurarseli si vendeva al
miglior offerente – la sua stessa madre definì una volta
il figlio «una prostituta maschio d’alto bordo»
– chiuderà così, a 28 anni non ancora compiuti,
una vita di eccessi e violenza criminale, dominata dall’ossessione
di diventare qualcuno. E così è stato, ma il suo nome
figurerà per sempre nel libro nero dei portatori di morte e
non, come lui avrebbe voluto, in quello d’oro dei privilegiati
di questa vita terrena.
giuliana.giani@fastwebnet.it
Nemmeno l’indagine astrologica può svelare
il mistero del perché Versace sia stato assassinato, ma può
fornire ulteriori dettagli chiarificatori sulla personalità
di Andrew Cunanan.
Vergine ascendente Toro, Cunanan non aveva però i piedi saldamente
piantati in terra come dovrebbe essere in teoria chi è influenzato
da questi due segni di terra, perché una Luna in Toro e prima
casa, quella dell’Io, lo spingeva a un esasperato narcisismo
e a un patologico bisogno di “apparire”, anche a costo
di farsi passare per qualcuno di diverso da quello che era davvero.
Aveva anche un forte autocontrollo, come suggerisce Saturno anche
lui in Toro congiunto alla Luna e in trigono al Sole, ma sotto sotto
temeva il giudizio degli altri. La pragmaticità di questi tre
segni di terra non si traduceva inoltre nella realizzazione di qualcosa
di concreto e solido, ma solo nell’esigenza di esibire agli
occhi degli altri bellezza, fortuna, soldi. Non quelli guadagnati
eventualmente con il frutto del proprio lavoro, ma mettendo in vendita
il meglio che aveva, il proprio corpo. La bellezza è però
un bene effimero e gli acquirenti del sesso a pagamento amano variare,
scegliendo di volta in volta la “merce” più fresca
che offra il mercato. Se a vent’anni, nel fiore della giovinezza,
in certi ambienti ti sembra di avere in mano il mondo, a 28 –
quanti ne aveva Cunanan al momento dei delitti commessi – sei
già sulla soglia del pensionamento…
Cunanan non era avido per smania di possesso, ma nei suoi pochi anni
vissuti all’insegna di falsi ideali quali gli abiti firmati
e la “dolce vita”, forse non si era mai chiesto come avrebbe
potuto mantenersi quando fosse stato troppo maturo per esporre sul
mercato la propria carne. Passava da una festa a un letto, dallo shopping
griffato alla discoteca e al ristorante di lusso, senza curarsi del
domani, ma il domani – come è inevitabile che sia –
presenta prima o poi il conto.
Va poi aggiunto che il giovane Andrew, con ben quattro pianeti in
sesta casa, aveva forti complessi di inferiorità. Pur ambiziosissimo
e avido di fare una bella vita – come esigeva il suo Sole in
quinta casa – non sapeva uscire da un’ottica di “servilismo”
nei confronti dei personaggi ricchi, generosi e spesso anziani ai
quali, in cambio delle loro sostanziose elargizioni, sapeva offrire
solo piacere sessuale.
È
possibile, inoltre, che non gli dispiacessero giochi erotici complicati,
al limite della perversione o del sadomaso, e che fosse attratto dal
rischio in modo un po’ incosciente, come sottolinea il suo Marte
in Sagittario e ottava casa, quadrato a Plutone in Vergine. Aspetto
planetario, quest’ultimo, che denota anche una forte insicurezza
e insoddisfazione per quanto riguarda alle proprie doti virili. Come
se non bastasse, il quadrato che la sua Venere in Leone manda a Luna
e Saturno in Toro, indica che il suo era un narcisismo tutt’altro
che sicuro. Sembra quasi che Cunanan volesse piacere a tutti i costi,
ma il primo a non piacersi completamente era proprio lui, nonostante
mettesse in scena un comportamento che denotava l’esatto contrario.
Tipico della sua insicurezza di fondo era, per esempio, vantarsi a
destra e a manca di avere avuto amanti molto più importanti
di quanto non fossero stati in realtà. Andrew aveva rapporti
mutevoli, adattabili e contorti con gli altri, come vuole il suo Nettuno
in Scorpione e settima casa, e questo andava benissimo per la “professione”
che esercitava. Spesso e volentieri si cacciava oltretutto in situazioni
complicate, per pura incoscienza e superficialità.
Le cronache riportano che aveva problemi di tossicodipendenza, ma
il suo non è il tema natale di un drogato. È semmai
quello di una persona che prova una cosa per la voglia di nuove esperienze,
ma poi non sa smettere. Va detto comunque che la droga circola da
tempo negli ambienti più vari.. E chi fa del sesso lo strumento
per sbarcare il lunario ha spesso bisogno di supporti chimici di dubbia
natura, se non a causa di problemi fisici, almeno per ottenere un
supporto emotivo.
Che cosa ha contribuito allora a fare di Cunanan un serial killer?
Vediamo quali transiti planetari subiva il suo tema di nascita al
momento dei primi omicidi, nell’aprile 1997.
Urano, pianeta quasi sempre coinvolto negli atti criminali, in quel
periodo era in Aquario e si opponeva alla Venere in Leone di Andrew
e quadrava anche il suo Saturno e Luna in Toro in prima casa: sembra
quasi che il ritratto di Dorian Gray sia infine saltato fuori da sotto
al letto… Ossia, il narcisismo ingenuo e precario del bel gigolò
si sta sgretolando e l’immagine che lui vuole dare di felicità,
bellezza e successo non regge più, anzi si sta squagliando
come neve al sole. Plutone in Sagittario, sempre in quei giorni, forma
un trigono alla sua Venere in Leone dall’ottava casa, facendogli
credere che c’è ancora una possiblità di riscatto.
Marte di transito in Vergine è però quadrato al suo
Marte natale nel Sagittario, ed è forse il detonatore che fa
esplodere quei cinque minuti di rabbia cieca che scatenano il primo
omicidio. quello di Jeffrey Trail. A seguire, l’uccisione di
David Madson. E dal momento che i tre attori della sanguinosa tragedia
– Cunanan, Trail, Madson – sono morti, non sapremo mai
che cosa accadde davvero. Si è trattato di sesso estremo finito
male? Di un tentativo fallito di ricatto o un momento di furore incontrollabile?
Dopo il primo omicidio, comunque, per Cunanan inizia la discesa che
lo porterà all’inferno. Deve eliminare il suo ex amante,
testimone scomodo del delitto da lui commesso, per cercare di restare
libero. In seguito, giunto a Chicago, irretisce un anziano signore,
Lee Miglin, da cui spera di farsi mantenere, ma i suoi freni inibitori
sono ormai saltati e uccide anche il vecchio miliardario, e poi uccide
pure un povero custode di cimitero per impossessarsi della sua auto.
E infine arriva a Miami. E qui l’astrologia ha
un black-out. Cunanan sta, sì, attraversando un bruttissimo
periodo, ma perché voglia eliminare proprio Versace non lo
si può spiegare. Invidia a parte, sui veri motivi che hanno
portato all’uccisione dello stilista italiano restano a tutt’oggi
molte ombre. E inoltre: Andrew Cunanan si è davvero suicidato?
Alla luce dei transiti planetari che lo interessavano quel 25 luglio
1997, la cosa appare assai improbabile.
La sentenza del Tribunale astrologico
Capace di intendere e di volere, Cunanan era affetto
da un disturbo narcisistico della personalità, e la sua mitomania
conclamata ne è un chiaro indizio. Aveva in sé probabilmente
qualche lato di perversione, contenibile però fino al momento
in cui l’immagine riflessa di Narciso allo specchio ha cominciato
a incrinarsi. Il perdere il controllo della situazione è stata
la fatale conseguenza dei primi quattro omicidi. Il quinto, l’assassinio
di Gianni Versace, resta invece del tutto estraneo alla patologia
assassina che lo aveva colto. Se infatti i primi delitti rientrano
in una certa logica, non è così per l’ultimo.
Cunanan ha infatti premeditato l’esecuzione del celebre maestro
della moda. L’odio dettato dall’invidia nei confronti
di un personaggio mitico, non basta a chiarire le troppe cose che
non tornano nella dinamica degli eventi di quel tragico 15 luglio
1997. La verità, in parole semplici, non la conosceremo mai.
Cunanan se l’è portata via con sé. Oppure qualcuno
ha voluto che se la portasse con sé.
massimomichelini1@virgilio.it