Luciano Luberti
Il fiore putrefatto dell’amore
Il 3 aprile 1970 alcuni agenti di polizia sfondano
la porta d’ingresso di un appartamento di Roma, in via Pallavicini
52. Lì viveva Carla Gruber, una profuga istriana madre di quattro
figli, separata da tempo dal marito, un uomo mite dal quale aveva
avuto tre figli. Non si avevano sue notizie da gennaio. Entrati nella
casa gli uomini avvertono un terribile odore di morte stantia, un
fetore insopportabile. Sulla porta della camera da letto, sigillata,
gli agenti leggono queste parole: «Chiudo la porta il 20 gennaio
alle ore 16. Che potevo fare di meglio se non amarti sino alla fine
dei tuoi giorni, mia diletta Regina? Dammi il tempo di compiere tutto
il resto come mi hai ordinato». Varcata la porta, i poliziotti
trovano sul letto i resti mortali della Gruber, un cadavere in avanzato
stato di decomposizione circondato da fiori marci e bottigliette di
lisoformio. A scrivere il delirante, criptico messaggio di amore e
morte è stato Luciano Luberti, un personaggio tristemente noto
alle cronache.
È stato lui a far ritrovare il cadavere, inviando una lettera
alla Procura della Repubblica: «La mia adorata diletta –
scrive un tale Luciano Luberti – si trova morta
in via Francesco Pallavicini 52. Nell’interno troverete un’arma
da guerra con la quale non me la sono sentita di vendicare e colpire
il responsabile del suicidio della mia donna. Fate attenzione e prendete
le vostre precauzioni perché il corpo si trova in stato di
avanzata putrefazione. Qualche ora dopo che avrete ricevuto questa
lettera sarò espatriato».
Luciano
Luberti, nato a Roma il 25 aprile 1921 alle 18.30, è meglio
conosciuto come il “boia di Albenga”. Questa sinistra
definizione ben rispetta le sue imprese durante l’ultimo periodo
della seconda guerra mondiale.
Giovane studente fascista, dopo l’armistizio dell’8 settembre
’43 decide di collaborare con l’esercito di Hitler, anche
grazie alla sua perfetta conoscenza della lingua tedesca. Presto viene
fatto caporale e inviato a compiere rappresaglie in Liguria, dove
ordina la strage che gli frutterà il cupo soprannome di “boia
di Alberga”. Dopo atroci torture moriranno, per mano degli uomini
comandati da Luberti, ben 59 ostaggi innocenti. Prima di essere uccisi,
spesso venivano loro strappati denti, unghie e occhi, tanto per rendere
l’idea dell’efferatezza del massacro. Un altro episodio
odioso: Luberti era amico fin dalle elementari di un ebreo, tale Umberto
Spizzichino, che nel 1944 decide di fuggire in Svizzera e chiede aiuto
all'amico. Luciano gli dà un appuntamento trappola, facendolo
catturare dalle SS. Spizzichino morirà ad Auschwitz il 28 agosto
1944.
A guerra finita, nel maggio 1946, Luberti sarà catturato in
Francia, Paese dove si è rifugiato per tentare di arruolarsi
nella Legione Straniera. Dopo un regolare processo viene condannato
a morte, sentenza tramutata in ergastolo dopo la proclamazione della
nuova Costituzione, che non prevede la pena capitale. Si ritroverà
però libero dopo nemmeno 10 anni di prigione, quasi certamente
grazie alle oscure protezioni politiche di cui pare abbia sempre goduto.
Non ha abbandonato le sue simpatie nazifasciste, anzi, e crea una
piccola casa editrice che pubblica libelli politici ispirati alla
delirante ideologia dell’estrema destra.
La
vita ha ripreso quindi a scorrere tranquilla e, come nel più
banale dei romanzetti rosa, Luciano Luberti, che dirige la Publiaci,
un’agenzia pubblicitaria cattolica, si innamora della sua segretaria,
Carla Gruber, una profuga giuliana di ben 18 anni più giovane.
Lui è sposato e ha tre figli, proprio come la Gruber, ma la
loro passione è esplosiva, tormentata, ai limiti della perversione
sessuale, e tanto intensa ed esclusiva che i due – per liberarsi
del “terzo incomodo” – riescono a far ricoverare
il marito di lei in manicomio, così da poter vivere senza ostacoli
il loro amore. E ci riusciranno: quando il povero marito uscirà
dalla clinica per malattie mentali, se ne andrà per la sua
strada. E Luciano e Carla vanno a vivere insieme, nonostante l’uomo
sia tanto più anziano di lei.
Ma la febbre erotica che assale Carla ha forse un’origine anche
organica: la donna infatti è affetta da tubercolosi, tanto
che verrà ricoverata nel sanatorio di Montefiascone, nei pressi
di Viterbo. E qui intreccia una relazione con un medico, che forse
è il padre della sua quarta figlia, Melissa. Forse, perché
la sessualità della Gruber in quel periodo è decisamente
promiscua. Ma il medico, che è sposato, non vuole riconoscere
la piccola. Luberti nel frattempo non è affatto scomparso dalla
vita dell’amante. Accoglie infatti Carla con la bambina, e ricatta
e minaccia il medico per fargli riconoscere la sua paternità.
Ma le sue manovre non hanno effetto.
Il legame di Luberti e della Gruber, nonostante i tradimenti della
donna, non si spezza. Lui la protegge, la asseconda, la vuole tutta
per sé.
E arriviamo al gennaio del 1970, e a quello che accadde nell’appartamento
di via Pallavicini. Un delitto dei più anomali, perché
al momento della morte Carla è imbottita di barbiturici, ma
la morte è causata da un colpo di pistola. Nella sua lettera
alla Procura, Luberti afferma che si tratta di suicidio. Ma come avrebbe
fatto Carla a spararsi visto che, al momento del ritrovamento del
corpo, la sua mano destra – quella che usa abitualmente –
era sotto il cuscino? La Gruber poi, al momento in cui venne esploso
il colpo di pistola fatale, era probabilmente già incosciente
per i farmaci assunti. E allora? Allora il colpevole non può
che essere stato Luberti, l’uomo che l’ha amata fino alla
follia, al punto da allestire, dopo il decesso dell’amata, una
macabra, orribile stanza funebre, dove fiori e deodoranti dovevano
simbolicamente annullare il passaggio della Gruber da questo all'altro
mondo.
Ma perché uccidere o dare il colpo di grazia a una donna che
quasi di certo sarebbe morta anche solo grazie ai barbiturici ingeriti?
Una risposta chiara non la darà nemmeno il processo, limitandosi
a decretare che a uccidere Carla Gruber non poteva che essere stato
il suo amante, Luberti, quello che l’aveva amata fino alla morte
e oltre la morte. Lui negherà sempre: «Carla si è
suicidata» ripeterà in modo ossessivo ai giudici. I giornali
dell’epoca riportarono particolari piccanti sulla vita erotica
della defunta, che pare amasse il sesso estremo. Come pure lo amava
Luberti, personalità che non sapeva cosa fossero le mezze misure,
né ideologiche, né esistenziali, né erotiche.
Ecco cosa scrive in proposito lo scrittore Vincenzo Cerami in Fattacci
(pag. 139): «La risposta non va cercata nella normale natura
delle cose. I lacci che legavano l’uno all’altra, ognuno
ed entrambi al mondo, non appartenevano al raziocinio. Erano persone
che non avevano più una concezione reale di ciò che
avveniva attorno a loro. Carla e Luciano erano in conflitto con loro
stessi e tra di loro. Ma mai con la realtà della vita. Quel
colpo di rivoltella metteva la parola fine a una tortura, quella camera
da letto sigillata con il nastro adesivo era un abisso nero dentro
cui andavano a finire i corridoi di un labirinto senza via d’uscita».
Ci vollero però più di due anni per mettere dietro le
sbarre Luberti, che finisce nella rete della polizia il 10 giugno
del 1972, dopo un conflitto a fuoco. Dichiara poi che nei due anni
di latitanza si era mantenuto vendendo materiale pornografico.
Al primo processo, la giuria riterrà Luciano Luberti colpevole
dell’omicidio di Carla Gruber, condannandolo a 22 anni di reclusione.
Ma in Appello e poi in Cassazione, grazie a una perizia psichiatrica
del professor Aldo Semerari, legato agli ambienti dell’estrema
Destra, che lo definisce «affetto da paranoia, e peraltro non
responsabile penalmente in relazione al fatto e all’epoca dei
fatti», l’imputato viene dichiarato autore di “omicidio
consenziente” ossia di concorso in suicidio volontario e condannato
a passare soltanto due anni nel manicomio giudiziario di Aversa.
Da allora Luberti sparirà nell’oblio fino a quando una
scarna nota di cronaca, il 12 dicembre 2002, riporterà la notizia
della sua morte, a 81 anni.
Luberti ha portato con sé anche il segreto di
quello che avvenne davvero in quel gelido giorno del gennaio 1970.
Il boia di Alberga ha davvero ucciso l’amante, oppure l’ha
aiutata a morire, o l’ha invece solo vegliata dopo l’estremo
gesto? Qualunque cosa sia realmente accaduta, il personaggio resta
inquietante, sinistro, al di là del giudizio sui suoi crimini
di guerra. Perché la Storia lo ha comunque condannato.
Massimo Michelini
In
una foto presa al momento del processo il boia di Albenga” mostra
un viso dai tratti regolari, incorniciato da una grande barba grigia
che gli conferisce un’aria professorale. Il Sole nel segno pacioso
del Toro e una gioviale Luna in Sagittario, oltre all’Ascendente
nel segno equilibrato della Bilancia, potrebbero far pensare, a un’analisi
superficiale, che il soggetto da noi preso in esame sia una simpatica
persona, dai modi affabili, con un carattere allegro. Lontano, anni
luce, dal sinistro personaggio che ha riempito le cronache del dopoguerra
italiano. Ma tutto cambia quando si passa a esaminare il suo tema
di nascita, con la collocazione degli altri elementi astrali. Cominciamo
dal Sole, fulcro della personalità, biglietto da visita di
ciascuno di noi. Il Sole di Luberti, in Toro, è sì congiunto
a Venere nello stesso segno, trigono a Giove in Vergine e sestile
a Urano nei Pesci e a Plutone in Cancro, il che indica un soggetto
capace di slanci generosi, sensuale, dotato di senso pratico, ma anche
terribilmente sicuro ed esibizionista. Insomma, un concetto di sé
decisamente elevato. Il Sole al tempo stesso forma però un
quadrato con Nettuno in Leone. Questo Nettuno parzialmente leso collocato
in casa decima, quella della carriera, del successo, della capacità
o meno di affermarsi in campo sociale e professionale indica velleitarismo,
sensibilità limitata, cieca vanità, ma inclina anche
all'immobilismo esistenziale e ideologico, al rifiuto di cambiare
ciò che appare caparbiamente giusto, perché così
ha deciso chi lo possiede. Nettuno è però anche in trigono
con la Luna in casa seconda, aspetto che indica la capacità
di cogliere con tempismo le buone occasioni finanziarie nonché
l’attrazione verso donne avventuriere. La stessa Luna, però,
è lesa da Giove e da Saturno: oltre a indicare, in un tema
maschile, la tendenza agli amori mercenari, il luminare afflitto ci
parla del rischio di perdere i propri averi per colpa di una donna
che dilapida il patrimonio del soggetto. Di sicuro Luciano Luberti
di soldi per la giovane amante ne ha sganciati parecchi: oltre a provvedere
alle necessità della Gruber si era infatti fatto carico di
quelle della piccola Melissa, la bambina che Carla aveva avuto da
un altro. Ma dal momento che la Luna di Luberti è lesa anche
da Saturno, se ne deduce che il suo rapporto con le donne in genere
gli ha causato, oltre a notevoli perdite economiche, anche un senso
profondo di frustrazione e conseguente rancore nei confronti delle
medesime. Probabile, inoltre, una figura materna castrante. E non
solo: come già detto, la Luna in Sagittario dà una passione
per le donne avventuriere, ma la sua posizione in seconda casa rende
al tempo stesso possessivi e gelosi. Luberti quindi è attirato
da un tipo di donna libera, che però non intende davvero rendere
libera, perché la vuole tutta per sé. Una bella contraddizione,
insomma, che prima o poi si paga in qualche modo. Oppure che la si
fa pagare alla propria donna. Per il Toro, maschio o femmina che sia,
una vita affettiva appagante è fondamentale per l'equilibrio
psicofisico. Il Toro è possessivo e geloso, considera la persona
amata di sua esclusiva proprietà, non è disposto a tollerare
tradimenti di nessun tipo. E come avrà reagito allora Luberti,
innamoratissimo della Gruber, la sua "Regina", come sta
scritto nel biglietto affisso alla porta della stanza sepolcrale di
via Pallavicini 52, di fronte all'infedeltà di lei, che aveva
addirittura messo al mondo una creatura concepita con l'amante medico?
Nel tema di nascita del “boia di Alberga” Marte, pianeta
dell’aggressività, è pure lui in Toro, trigono
a Saturno nel segno freddo e critico, nonché a volte ipocrita,
della Vergine. Questo Saturno virgineo, leso dalla Luna e da Urano
in Pesci, non perdona le offese, ci rimugina su, e al momento opportuno
freddamente colpisce. Ma ci sono vari tipi di vendetta, e anche vari
modi per uccidere. C'è poi chi elabora messinscene complicate
per mascherare il proprio crimine e chi, invece, non fa niente per
nasconderlo. Per tentare di capire, nei limiti del possibile, la dinamica
del delitto, e la terrificante scenografia che lo ha accompagnato,
i fiori, i disinfettanti, nella stanza blindata dove la povera Carla
è stata "sepolta" come se fosse ancora viva, l'attenzione
dell'astrologo deve concentrarsi su quell'Urano lesissimo in Pesci,
collocato in casa quinta. Un Urano così malmesso (quadrato
alla Luna e opposto a Giove e a Saturno) crea confusione, eccessi,
aberrazioni legate proprio alla sfera del sesso, nonché la
ricerca di oscure rituali fantasiosi e macabri. Per quanto riguarda
il suo significato di scatenatore di incidenti, Urano assume una particolare
pericolosità se collocato in una casa, la quinta, già
predisposta agli eccessi. "Gli incidenti potranno essere di natura
morale o materiale, o entrambe, e riguarderanno sia il soggetto stesso
in modo diretto, quale persona fisica o morale, sia le attività
e le simbologie della casa, sollecitate in modo da danneggiare il
soggetto, o da indurlo a danneggiare gli altri" (Lisa Morpurgo,
Lezioni di astrologia - La natura delle case, Longanesi 1983,
pag. 123). Dal momento poi che il pianeta forma, contemporaneamente,
uno splendido trigono con Plutone in Cancro, collocato nella nona
casa, quella del “lontano”, del “diverso”,
con il rischio però di eccessi e distruttività, come
vuole la natura di Plutone, se ne può arguire che nella mente
di Luberti la volontà di punire l'amante per lo sgarro subito
si sia fusa con il bisogno di mettere in piedi una grandiosa, mefistofelica
rappresentazione, quasi di certo trovando una giustificazione ideologica
alle proprie azioni criminali.
La sentenza del tribunale astrologico
Luciano Luberti era sano di mente oppure no? Mercurio, pianeta dell’intelligenza
in Ariete, rivela irrequietezza, incostanza, mancanza di logica, inventiva.
La Luna (altro elemento da analizzare per capire il funzionamento
delle cellule grigie) è nel segno idealista e ingenuo del Sagittario,
ma le lesioni che riceve da Giove, Saturno e Urano generano ristrettezza
di idee, perbenismo esasperato, pregiudizi, scetticismo e cinismo,
inconsistenza morale e mancanza di qualsiasi disciplina interna, legami
sentimentali che vanno tenuti segreti per evitare uno scandalo pubblico.
Presente inoltre la mancanza di senso sociale e di scrupoli unita
alla forte aspirazione al dominio dei propri simili. Il Plutone in
nona casa e il trigono di Marte a Saturno conferivano inoltre a Luberti
la ferrea convinzione di avere sempre ragione. Non era affatto pazzo
il boia di Alberga, era solo convinto di essere in ogni occasione
dalla parte del giusto, tanto da potersi permettere di infliggere
la morte a chi gli pareva, fossero essi partigiani o addirittura la
donna amata. E, purtroppo per le sue vittime, la fortuna non gli voltò
mai troppo a lungo le spalle nel corso della sua lunga vita (Sole
trigono a Giove), grazie alle oscure amicizie potenti, tanto che i
suoi soggiorni in carcere furono tutto sommato brevi. La Storia lo
ha comunque inchiodato per sempre alle sue responsabilità,
con quel nome sinistro “boia di Alberga”, che evoca torture,
sofferenze, disperazione delle povere vittime. Carla Gruber avrà
perdonato il suo amante carnefice? A questo interrogativo non potremo
mai, com’è ovvio, dare una risposta.
Giuliana Giani
giuliana.giani@fastwebnet.it
Questo articolo è già stato pubblicato
sul numero 3 di M-Rivista del mistero nel maggio 2007.