Nonna Morte: gli affari sono
affari!
“Dorothea
Puente […] resta una delle donne più diaboliche di tutti i tempi.
Astuta, avida, assetata di sangue, falsa, amorale, la signora Puente
la fece franca per anni, grazie alla sua capacità di recitare la parte
dell’anziana che si prendeva cura di chi non era più in grado
di farcela da solo. La nonnetta che la Puente mostrava al mondo era
la nonnetta a cui il mondo voleva credere. La vera Dorothea, invece,
era pericolosa e dalla mente deviata. All’età di cinquantanove
anni, era una serial killer” (Massimo Picozzi, Predatrici,
Mondadori, 2005, pag. 53).
Dorothea Helen Gray – il cognome Puente è quello del suo terzo marito
– nasce il 9 gennaio 1929 alle 6 nella contea di San Bernardino, in
California, da una coppia di alcolisti che non le risparmiano maltrattamenti
e pasti saltati, lasciandola orfana quando ha pochi anni. Il padre,
Jesse James Gray, un raccoglitore di cotone, muore di tubercolosi
nel 1937, la madre, Trudy Mae, in un incidente di moto nel ’38.
La bambina finisce nell’orfanatrofio di Sacramento, capoluogo
della omonima contea, e in seguito in casa di parenti. Mentirà anche
sulla storia della sua infanzia, raccontando di essere stata una di
18 figli, nati e cresciuti in Messico.
A soli sedici anni sposa Fred McFaul, un soldato reduce dalla Guerra
del Pacifico, che l’abbandonerà alla fine del 1948, dopo che
hanno fatto due figli presto dati in adozione. Ma non volendo passare
per una moglie abbandonata, lei farà credere a tutti che il marito
è morto per un attacco di cuore.
A corto di soldi la ragazza inizia a falsificare alcuni assegni: colta
sul fatto sconterà sei mesi di prigione. Poco tempo dopo l’uscita
dal carcere rimane incinta di un uomo che a malapena conosceva: anche
questo bambino verrà dato in adozione.
Nel 1952 la futura serial killer si rimette la fede al dito. Il marito
numero due è uno svedese di nome Axel Johansen, un tipo violento e
incapace di provvedere alle necessità del ménage. Per sbarcare il
lunario lei diventa la tenutaria di un bordello, attività illegale
che le costerà tre mesi di carcere per prostituzione, e poi altri
tre per vagabondaggio. In seguito tenterà, almeno all’apparenza,
di rimettersi sulla retta via, trovando lavoro come aiuto infermiera
in case private e in strutture per anziani e homeless.
Il matrimonio con Axel Johansen dura nonostante tutto ben 14 anni,
e si conclude con il divorzio nel 1966. Non paga di due fallimenti
coniugali, Dorothea ci riprova. Il consorte numero tre, Roberto Puente,
di 19 anni più giovane, la riempie di corna: lei lo molla due anni
dopo le nozze e assume la gestione di una pensione per indigenti e
senza tetto, che le vengono affidati dai servizi sociali.
Il marito numero quattro, Pedro Montalvo, sposato nel 1976, è un alcolizzato:
l’unione fallisce dopo pochi mesi. Alla Puente servono, come
sempre, i soldi, meglio se facili. Così inizia a frequentare i bar
di Sacramento, specializzandosi nell’arte di accalappiare anziani
emarginati che ricevono il sussidio governativo: dopo avere rubato
loro l’assegno e falsificato la firma, incassa il denaro. Viene
scoperta e si becca oltre trenta capi di accusa per frode, ma riesce
a cavarsela ricorrendo a menzogne e trucchi vari. A farla tornare
tra le sbarre, nell’agosto 1982, sarà la denuncia di un pensionato
settantaquattrenne, Malcolm McKenzie.
L’uomo
racconta di aver invitato a casa sua Dorothea che dopo averlo intontito
con una droga - lasciandolo però abbastanza cosciente per vedere quanto
stava accadendo - si impossessa della sua collezione di monete e gli
sfila dal dito un anello con diamante.
La pena comminata alla donna è di cinque anni, ma grazie alla buona
condotta verrà rilasciata dopo soli tre. Durante la detenzione Dorothea
ha iniziato a corrispondere con un pensionato di 77 anni, Everson
Gillmouth, che si innamora di lei pensando di essere corrisposto.
Nel settembre 1985, quando la Puente torna libera, Gillmouth aprirà
un conto corrente cointestato con lei. Grazie a questo aiuto economico
la futura serial killer può realizzare un suo vecchio sogno: acquista
una malandata casa vittoriana con 16 stanze da letto, situata nella
1426 F Street di Sacramento, la ristruttura (facendo dipingere le
pareti di un rassicurante azzurro), e la trasforma in una residenza
per anziani bisognosi. Everson va a vivere con lei, vorrebbe addirittura
sposarla, ignaro della triste sorte che lo aspetta.
Il 1 gennaio 1986 due pescatori trovano nelle acque di un fiumiciattolo
una cassa di legno simile a una bara, contenente un cadavere in avanzata
decomposizione, che la polizia non riesce a identificare. Il corpo
è in realtà quello del povero Everson, ma la verità verrà a galla
solo due anni dopo. Ai familiari dell’uomo, preoccupati perché
non dava più notizie di sé, Dorothea aveva detto di stare tranquilli:
lui era semplicemente malato, e lei lo stava curando nel migliore
dei modi. Come in altri casi, la pensione dell’anziano veniva
incassata dalla Puente. Il tuttofare al suo servizio, Ismael Florenz,
aveva costruito la cassa sopra menzionata: che avrebbe dovuto servire,
così gli aveva detto la padrona, a contenere oggetti domestici. Lui
non sospettò nulla quando Dorothea gli ordinò di buttarla nel fiume,
con il pretesto che aveva deciso di liberarsi di “quelle cianfrusaglie”.
I pensionanti di nonna Morte, va ricordato, sono anziani che non ci
stanno tanto con la testa, perché vittime dell’alcol o della
salute malferma, o della depressione. Ma che tesoro questa signora
dai capelli d’argento , così sensibile ai dolori di tanti poveri
cristi, pensano gli ignari vicini, ai quali Dorothea regala squisite
torte, cotte nel forno di casa. Purtroppo ci sono anche gli ingrati,
quelli mai contenti, che se ne vanno dall’oggi all’indomani
senza avvertire la loro benefattrice. Allontanamenti volontari, ecco
la versione ufficiale fornita dalla Puente, cui tutti, per molto tempo,
presteranno fede. Il 19 agosto 1986 “sparisce“ Betty Palmer,
Leona Carpenter svanisce nel nulla nel febbraio 1987, Vera Martin
nell’ottobre 1987. E nessuno rivedrà più Dorothy Miller, un’alcolista
che ama recitare poesie ai passanti, seduta sul marciapiedi, o Benjamin
Fink , lui pure con il vizio del bere.
“Una volta che queste persone venivano poste sotto la sua supervisione,
dalla chiesa o dai servizi sociali, era la Puente a organizzarne la
vita; li puliva, li nutriva e si assicurava che ricevessero puntualmente
l’assegno ogni mese… Uno di loro, Bert Montoya, per la prima
volta dopo anni fu visto ben nutrito, con un paio di scarpe nuove
e finalmente libero dalla psoriasi grazie alle cure della sua padrona
di casa. Nessuno pensò male quando la donna cominciò a incassare personalmente
i 637 dollari mensili del suo sussidio, con la scusa che l’uomo
non era in grado di farlo da sé” (Massimo Picozzi, op. cit.).
Bert Montoya “sparisce” nell’estate del 1988. Alle
assistenti sociali che chiedono notizie di lui, Dorothea racconta
che si è trasferito da una cugina a Salt Lake City, la capitale dello
Utah. E loro ci credono.
Ma la pacchia non può durare in eterno. Qualcuno tra i conoscenti
di nonna Morte, insospettito da quelle strane “sparizioni”
di anziani, comincia a porsi delle domande. E a cercare le risposte.
La polizia di Sacramento, già in possesso di un nutrito dossier sulla
Puente (dalla sua fedina penale risulta che come infermiera a domicilio
aveva drogato e derubato alcuni pazienti), si decide a intervenire
dopo la denuncia fatta ai detective, a inizio novembre del 1988, da
Judy Moise, una delle ospiti della pensione.
Judy non ha infatti mai creduto alla storia raccontata da Dorothea,
circa la scomparsa di Montoya. Quando i detective, finalmente in possesso
di un mandato di perquisizione, irrompono nella vecchia casa vittoriana
di 1426 F Street, e iniziano a scavare nel giardino, sette corpi vengono
dissotterrati. Fra questi, quello di Bert Montoya, di Betty Palmer,
di Leona Carpenter e di Vera Martin. L’analisi dei poveri resti
rivelerà la presenza di grandi quantità di Flurazepam e Dalmane, psicofarmaci
custoditi nell’armadietto del bagno della Puente.
Mentre gli agenti sono occupati a scavare, la killer riesce a filarsela,
con la scusa di andare a bere un caffè. Ricercata da polizia e FBI,
Dorothea si rifugia nel centro di Los Angeles, dove staziona una specie
di corte dei miracoli, composta da vagabondi e outsider di ogni genere.
Sono poveri cristi che sopravvivono grazie al sussidio statale, e
dormono in alberghetti di infimo ordine. La Puente affitta una stanza
in uno di questi, e tanto per non perdere le buone abitudini tenta
di rimorchiare un anziano in un bar. Commettendo così l’errore
fatale che farà scattare le manette ai suoi polsi. L’uomo, Charles
Willgues, la riconosce infatti da una foto mostrata in tivù dalla
CBS, e chiama l’emittente televisiva che invia immediatamente
una troupe insieme ad agenti della polizia locale.
La carriera della nostra serial killer finisce qui con l’arresto
avvenuto il 17 novembre 1988.
Il processo a Nonna Morte inizia il 9 febbraio 1993: nove le imputazioni
di omicidio. La giuria ascolterà ben 153 testimoni, di cui molti schierati
a favore dell’imputata. La quale continuerà a proclamarsi innocente:
i suoi pensionanti, giura, sono deceduti per cause naturali, lei li
ha seppelliti solo per paura che qualcuno, venuto a conoscenza della
loro dipartita da questa valle di lagrime, potesse accusarla di esserne
la responsabile.
“Confusi dalla complessità etica del caso, i giurati impiegarono
settimane per giungere a un verdetto. Il 2 agosto annunciarono di
essere a un punto morto. Il giudice li invitò a riprovare. Il 26 agosto
Dorothea fu riconosciuta colpevole e condannata a passare in carcere
il resto della sua vita” (Massimo Picozzi, op. cit.).
Gli omicidi che valsero due ergastoli alla Puente sono soltanto tre,
e riguardano Leona Carpenter, Dorothy Miller e Benjamin Fink. Per
quanto riguarda i restanti sei capi di imputazione, il giudice decretò
che erano tutti inficiati da un errore giudiziario: per alcune vittime
non fu quindi fatta giustizia.
Dorothea Puente muore (di morte naturale) il 27 marzo 2011, nel carcere
femminile di Chowchilla, a San Francisco, all’età di 82 anni.
Durante la detenzione aveva stabilito una corrispondenza epistolare
con un certo Shane Bugbee, al quale inviò una serie di ricette di
cucina che l’uomo farà pubblicare in un libro dal titolo Cooking
with a Serial Killer.
giuliana.giani@fastwebnet.it
“È
ricca, la sposo e l’ammazzo”, recitava il titolo italiano
di un divertente film di molti anni fa con Walter Matthau. Certo non
ha nulla a che vedere con la storia vera di Dorothea Puente, se non
nell’intenzione di carpire l’affetto e i denari di una
persona sprovveduta. Nel film poi, Matthau alla fine si innamorava
davvero della moglie goffa e bruttina, mentre la Puente non si è mai
pentita, anzi si è difesa fino alla fine proclamando la propria innocenza,
davvero impossibile da provare e da credere.
Va detto che le sue radici e vicende familiari non erano delle migliori,
e chi nasce storto fa fatica a raddrizzarsi. Quante persone però hanno
avuto una storia perfino peggiore della sua e non si sono mai sognate
di architettare delitti così cinici, e tutto sommato meschini, giusto
per sbarcare il lunario con il sussidio di assistenza o anzianità
di quattro vecchietti? Pochi o nessuno, inutile nasconderlo.
Vediamo di capire allora perché astrologicamente la Puente arrivò
a tanto.
Capricorno ascendente Capricorno, anche con la Luna nel segno, di
certo Dorothea non poteva essere considerata una creatura fragile
e sensibile, anche se su quest’ultima caratteristica probabilmente
ci avrà marciato su, non barando nemmeno più di tanto. La Luna in
dodicesima casa (per non parlare di Saturno ad essa congiunto) conferisce
alla sensibilità sfumature affini a quella dei Pesci o almeno manifestazioni
di supposta tenerezza e sensibilità, tendenza ribadita dalla presenza
di Venere nell’ultimo segno. Insomma, non è escluso che la Puente
fosse davvero interessata al contatto con gli ultimi, gli anziani,
i diseredati, ma la sua passione – se la vogliamo chiamare così –
non era disgiunta dalle caratteristiche proprie del Capricorno. Ossia,
se devi fare una cosa falla bene e, soprattutto, non farla gratis.
Che importa poi se magari dai pure un aiutino ad anticipare la fine
delle sofferenze terrene dei tuoi poveri assistiti, che di certo non
sarebbero campati a lungo con il loro triste e irrimediabile passato
di alcolismo, vizi vari, eccessi di ogni tipo. Basta però che, prima
di tirare le cuoia con un piccolo contributo da parte della padrona
di casa, le concedessero di godere tutti i privilegi che la loro magra
pensione permetteva, anche post mortem. Insomma, aiutiamo sì i poveracci
– soprattutto nella dipartita – ma prima spenniamoli per bene, e che
non rompano troppo le scatole. Va detto, purtroppo, che il mondo è
pieno di personaggi sinistri che sfruttano anziani indifesi per arricchirsi,
trattandoli peggio di cani, s’intende. La differenza con la
Puente è che lei arrivò alle vette dello sfruttamento di questi vecchi
noiosi e rompiscatole anticipando la loro dipartita con metodo oserei
dire scientifico… Ma facciamo un passo indietro e torniamo ad analizzare
il suo tema natale.
Capricorno dunque fino al midollo, Dorothea era destinata a trovare
uomini poco soddisfacenti e insoddisfatti loro stessi. Il suo Sole
in prima casa opposto a Plutone senza recuperi non le dava molte speranze
in tal senso. Né l’altro pianeta rappresentante l’incontro
con il maschio, Marte, era messo molto meglio, visto che lo troviamo
in Gemelli, sesta casa, solo opposto a Saturno. Ossia, forse ricalcando
l’inefficiente modello paterno, la Puente s’invaghiva
di uomini poco sinceri e con i quali non riusciva a instaurare un
rapporto duraturo, con l’eccezione del secondo marito con il
quale restò 14 anni nonostante si trattasse dell’ennesimo sciagurato
inefficiente. Per il resto però c’era poco da spassarsela.
Sole e Marte lesi non rappresentano solo i suoi rapporti con il maschile,
ma pure la sua parte attiva, evidentemente deficitaria. Ovvero, se
pure non aveva tanta fortuna con gli uomini, Dorothea avrebbe pur
potuto andare a lavorare per provvedere a sé, trovarsi un’occupazione
che non la costringesse a farsi mantenere dal partner del momento,
le desse entrate stabili, non la inducesse a vivere di espedienti
o a prostituirsi. Anche perché il suo Giove in Toro in gran parte
bello se non bellissimo, di certo le dava una gran voglia di stabilità
economica, e tutta la sua vita pare essere stata improntata alla non
riuscita ricerca della ricchezza.
Con che mezzi la cercava però? Nella casa del possesso, la seconda,
c’è una fantasiosa e un po’ avida Venere in Pesci, che
fa sì che la Puente abbinasse forse il sesso al possesso. Detta in
altri termini, ti elargisco le mie grazie ma qualcosina devi darmi
in cambio, anzi meglio che tu mi mantenga. E se non mi mantieni, mi
arrangio con il mio Nettuno in Vergine e ottava casa, ossia vivo di
fantasiosi espedienti ridotti però al minimo indispensabile perché
la Vergine non sa manovrare grosse cifre. L’opposizione di Plutone
al Sole, tra prima e settima, crea inoltre una stortura nell’agire,
un mettersi in rapporto con il prossimo in maniera contorta, non accorgendosi
forse dei pensieri reconditi degli altri e dei partner in particolare,
ma anche agendo fuori dagli schemi, cercando una realizzazione “differente”.
Magari anche perché non si riesce davvero a ottenere un vantaggio
costante e duraturo dall’uso della propria femminilità, come
vuole il quadrato tra la Luna e Urano, anche se il sestile tra Urano
e Mercurio spingeva l’ineffabile Dorothea a cercare di ottenere
i migliori frutti dalle situazioni umane che via via andava incontrando.
Tutto sommato il Marte in sesta riduceva gli orizzonti delle sue ambizioni,
come pure il Plutone in settima le imponeva di rapportarsi in maniera
contorta e maliziosa con il suo prossimo. Con un bel modino, però,
come direbbero in Toscana, perché la Venere in Pesci sogna e fa sognare,
ma di certo non è stabile e forse poco affidabile.
Il Saturno in Sagittario e dodicesima, congiunto alla Luna, fa sì
che lei cercasse e ottenesse il potere a contatto con gli ultimi,
anziani alcolizzati, poiché il Capricorno nasce vecchio e si rapporta
meglio con le persone in età avanzata. Ci riuscì e quando trovò il
vecchio pollo che lo donò soldi per far ciò che voleva sistemò una
grande casa, rendendola accogliente, per far sì che questi anziani
passassero felici gli ultimi anni della loro vita (Giove in Toro in
quarta in trigono a Nettuno in ottava e Saturno e Luna in dodicesima).
Certo questi vecchiacci possono anche risultare noiosi e difficili
da reggere, e cosa costa far tirare loro le cuoia prima del tempo?
Basta sapersi organizzare, no?
In fondo mentire non è mai stato un problema (Plutone opposto al Sole,
Mercurio in Aquario in prima). Insomma, Nonna Morte Dorothea Puente
era una donna che svolgeva al meglio il suo lavoro di assistenza,
con la sua Venere in Pesci e seconda casa era tanto amorevole!
Come
per tutte le persone con una moralità tutta propria, anche per la
Puente fu necessario una prima volta che le desse l’idea dei
colpacci ripetuti (e chi se ne importava se doveva poi pensare a far
sparire i resti di qualche vecchio scocciatore) e una volta liberatasi
da freni inibitori la strada si rivelò tutta una discesa. Ossia, fatta
franca una, due, tre volte, chi la fermava più? Non abbiamo la data
esatta del primo omicidio, ma alla fine del 1985 Plutone in Scorpione
le transitava in decima casa, amplificando le ambizioni che passavano
attraverso la dipartita dei suoi assistiti. Operazione favorita pure
dalla presenza di Nettuno di transito in dodicesima, altro passaggio
planetario che incline a un rapporto intenso con l’aldilà, dove
si possono spedire in modo indolore tanti potenziali dispensatori
di somme più o meno grandi. Anche Urano transitava in dodicesima,
un surplus di lavoro con l’aldilà. E i cadaveri di cui sbarazzarsi
si impilano: uno, due, tre, quattro, cinque sei eccetera eccetera…
Insomma l’intraprendente Dorothea mise su un business relativamente
redditizio, che le consentiva di cavarsi tante piccole voglie. Sperava
però di farla franca in eterno? Chissà cosa pensava, si è portata
con sé nella tomba tutti i suoi segreti, a noi restano solo le supposizioni.
L’arresto, e poi il processo, avvenne con transiti minimi appena
negativi, quasi che lo Zodiaco e il moto degli astri volessero affermare
che non era successo niente di strano, si trattava solo della logica
conseguenza delle azioni precedenti. Non si può davvero credere di
riuscire a farla sempre franca, soprattutto se sei nato con un pessimo
Plutone.
La sentenza del Tribunale astrologico
Se come recita un cinico proverbio ogni donna è seduta
sulla propria fortuna, una fanciulla interessata a questo aspetto
della vita dovrebbe saper monetizzare a sufficienza in età giovanile
i vantaggi che l’avvenenza crea. Chi non ha saputo farlo e si
approccia in anni non più verdi all’altra metà del cielo con
queste intenzioni dovrà perciò rimodulare il proprio operato. Ossia,
anzitutto alzando l’età del target dei propri concupiti. Bramati
in realtà a questo punto solo per la pensione, e non importa se si
tratta di uomini o donne visto che l’interesse è solo finanziario.
Ossia una realistica transizione da parte di chi tutto sommato non
avrebbe goduto per molto tempo ancora dei benefici del servizio di
assistenza nazionale, data l’età e di certo le condizioni di
salute, a favore di una donna molto generosa che però non era più
nel fiore della giovinezza, e doveva quindi adeguare al trascorrere
degli anni il suo piano di marketing. Con ammirevole dedizione Dorothea
Puente cercò di rendere più piacevoli gli ultimi istanti di vita di
molti pensionati e pensionate, levandoli dalla strada e accogliendoli
in una accogliente boarding house dalle pareti azzurrine, colore notoriamente
rilassante. Certo, prima doveva sapere quanti soldi avevano e come
intascarli, ma poi il passaggio all’aldilà era garantito indolore,
tramite medicinali che concedono un dolce trapasso nel sonno. Che
volere di più dalla morte? Sì, i diretti interessati non venivano
interpellati e la capricornica Dorothea non chiedeva loro se avevano
ancora voglia di vivere, ma in fondo si trattava solo di anticipare
la fine, e di renderla migliore. Forse pure il servizio di assistenza
nazionale le sarebbe stato grato se lei non avesse avuto l’ingenuità
di continuare a intascare la pensione dei defunti, precocemente scomparsi,
anzi desaparecidos senza tracce. Quindi forse l’errore della
Puente fu una certa ingenuità, ma tutto sommato non aveva sparso una
goccia di sangue. Era una donna tanto carina, sapeva pure cucinare
bene! (Come avrebbe potuto essere in altro modo con quel bellissimo
Giove in Toro?) Volete proprio una sentenza? Non lo fece di certo
per cattiveria, per il Capricorno sarebbe uno sforzo inutile. Aveva
necessità economiche e a quelle doveva guardare. Si lasciò alle spalle
almeno 9 cadaveri? Uuummhhh, com’è pignola questa giustizia…
massimomichelini1@virgilio.it