Uccidi il padre, uccidi la
madre, uccidi la famiglia:
Doretta Graneris
Vercelli, 13 novembre 1975. Alla periferia della piccola
città piemontese, in via Caduti dei lager numero 9 c’è la villetta
dei Graneris. Sergio Graneris (45 anni), il capofamiglia, ha sempre
lavorato duro fin dalla giovinezza. Prima contadino poi camionista
e gommista, dopo il matrimonio con Itala Zambon rileverà l’attività
di vendita di pneumatici dei suoceri, Romolo e Margherita, con i quali
ha un ottimo rapporto. La casa che ha fatto costruire, dopo aver raggiunto
una discreta posizione economica, l’ha infatti voluta abbastanza
grande per potere ospitare anche l’anziana coppia.
Dopo
cena Sergio, Itala (41 anni), il padre di lei Romolo Zambon (79) e
sua moglie Margherita Baucero (76), si piazzano davanti alla tivù
per seguire un programma di varietà. Con loro c’è anche Paolo
(13), il figlio minore dei Graneris. Manca Doretta (nata il 16 febbraio
1957), la figlia maggiore che da ottobre convive con il fidanzato,
Guido Badini, a Novara. Quando suonano alla porta, tutti pensano subito
a una visita dei due ragazzi. E così è.
Ai genitori di Doretta quel Badini piace poco. Sospettano da tempo
che stia con la figlia soltanto per interesse. Lui, infatti, nonostante
il diploma di ragioniere, non riesce a trovare lavoro. O meglio, per
parlare chiaro, non si sforza più che tanto di cercarlo.
In quanto a Doretta, è sempre stata una ribelle, in polemica con i
genitori, insoddisfatta della monotona vita di provincia e con la
voglia di spendere e spandere. Il nuovo benessere conquistato da suo
padre consente certo alla famiglia di togliersi qualche sfizio, ma
lo stile di vita dei Graneris è quello di chi non sperpera il denaro
perché sa quanta fatica costa guadagnarselo onestamente.
Doretta non è certo il tipo di ragazza che attiri sguardi maschili
vogliosi, ed è facile ipotizzare qualche suo complesso di inferiorità
al riguardo. Pur non eccellendo negli studi - frequenta il liceo artistico
- consegue il diploma di maturità nell’estate del 1975. E ha
l’hobby della pittura.
Il 31 dicembre 1972, a una festa di Capodanno, conosce Guido Badini
- faccia barbuta da intellettualoide, capelli lunghi, spessi occhiali
- ed è subito amore. Il padre di Guido è morto anni prima, la madre
è deceduta da poco. Da chi lo conosce bene Badini è descritto come
un immaturo, che fino alla morte dell’amatissima mamma ha preteso
dormire nel suo letto. È appassionato di armi da fuoco e ne tiene
alcune in casa, oltre a munizioni varie. Le sue simpatie politiche,
si dice, vanno all’estrema destra.
Guido è insoddisfatto della propria vita, proprio come Doretta. Il
loro è dunque l’incontro di due frustrati, che si trascinano
dietro lo stesso bagaglio di sogni inappagati: avere tanti soldi,
per evadere dalle strettoie di una piccola esistenza.
Ma come riuscirci? Lui è disoccupato, lei dipende finanziariamente
dai genitori, che tengono stretti i cordoni della borsa. Ecco formarsi
allora, in queste due menti che battono all’unisono, al pari
dei cuori, il piano perverso per raggiungere l’agognato obiettivo:
eliminare la famiglia di Doretta perché lei possa entrare in possesso
di una eredità che si aggira sui 100 milioni di lire. È lo stesso
piano criminale realizzato nell’aprile del 1991, dal diciottenne
Pietro Maso, che ammazzerà madre e padre per entrare in possesso dell’eredità.
E come non ricordare il delitto di Novi Ligure (2001), compiuto da
Erika e Omar, che per il medesimo motivo uccideranno a coltellate
la mamma e il fratellino di lei?
All’inizio
di ottobre del ’75 Doretta annuncia alla famiglia che lei e
Guido si vogliono sposare a fine novembre. Papà Sergio è costretto,
obtorto collo, ad acquistare i mobili che arrederanno la casa dello
squattrinato ménage. Ma questi sono solo spiccioli, per avere l’intero
malloppo occorre passare all’azione. E occorre l’aiuto
di qualcuno, perché da soli i due giovani non ce la farebbero. Si
rivolgono allora a un giovane con precedenti penali, tale Antonio
D’Elia, che vende loro due pistole. Inizialmente l’uomo
si dichiara disponibile a compiere lui gli omicidi, per fornire un
alibi alla coppia, salvo poi tirarsi indietro: farà solo da autista
e da palo.
La mattina del 13 novembre ‘75 due conoscenti di D’Elia
rubano una Simca 1300 (che verrà data alle fiamme dopo la mattanza),
poi quest’ultimo sale a bordo della Fiat 500 presa a nolo e
raggiunge il Badini e la Graneris che lo attendono in un parcheggio
nei pressi di Vercelli, dove è stata portata la Simca rubata. Cala
la sera. I tre salgono a bordo dell’auto e raggiungono la villetta
dei Graneris. Doretta e Guido scendono, Antonio resta ad attendere
in auto, pronto alla fuga. Poco dopo, nel silenzio brumoso della notte,
risuonerà il fatale squillo di campanello che annuncia l’imminente
mattanza. Dopo un breve scambio di convenevoli, i killer si scatenano.
Doretta spara tre colpi che vanno a vuoto. Guido, pratico di armi,
e proprietario di una calibro 7.65, spara prima ai due uomini, Sergio
Graneris e Romolo Zambon, poi uccide le donne, Margherita Baucero
e Itala Zabon, e infine il tredicenne Paolo. Diciotto i colpi esplosi,
più quello che ammazzerà il cane di casa, colpevole di essersi messo
ad abbaiare. Dopo il massacro Doretta e Guido raggiungono la casa
di un amico, dove rimarranno fino alle 23 e 30, mostrandosi normali
e tranquilli come se nulla fosse successo.
Sergio Graneris non ha mai fatto tardi al lavoro. Quando, la mattina
del 14 novembre i dipendenti non lo vedono arrivare, contattano sua
madre, Maria Ogliano, pregandola di andare a vedere se non gli è per
caso successo qualcosa di brutto. La donna si precipita in casa del
figlio, trova la porta aperta, la tivù accesa, entra e scopre l’orrore.
I corpi straziati delle cinque vittime giacciono in posizioni diverse.
Sergio e il suocero Romolo sono riversi sulle loro sedie. Paolo, Itala
e Margherita stanno sotto il tavolo, dove hanno cercato invano di
rifugiarsi per sfuggire al massacro. C’è sangue dappertutto,
bossoli di pistola. Le urla disperate di Maria Ogliano fanno accorrere
i vicini.
Vercelli, il laborioso e tranquillo capoluogo di provincia, dove nulla
di simile era mai successo, è sconvolta. E così l’Italia intera.
La notizia si diffonde freneticamente su tutti i media.
I carabinieri, subito allertati, vanno per prima cosa a cercare Doretta,
per comunicarle la notizia. La trovano in un bar che fa colazione
con Guido. L’ atteggiamento freddo e distaccato dei due insospettisce
da subito gli inquirenti. Partono le indagini. In casa del Badini
vengono trovate munizioni dello stesso calibro di quelle usate per
il massacro, e nella sua auto, una Opel , si scopre un bossolo calibro
7,65. La coppia viene convocata in Questura e sottoposta a un duro
interrogatorio. Dopo otto ore Doretta confessa. “Sì, sono stata
io” dice “e ora finalmente sono serena. Li ho uccisi con
le mie mani. Guido però non c’entra nulla”. Si aprono
per lei le porte del carcere. La ragazza continuerà per mesi a sostenere
di essere l’unica responsabile della mattanza, ma gli inquirenti
non sono affatto convinti che le cose siano andate così. Le versioni
fornite da lei e dal Badini sono piene di contraddizioni, i conti
non tornano.
Doretta
continuerà, per mesi, a scrivere lettere infuocate al suo uomo. Fino
al giorno in cui viene a sapere che Guido ha scaricato su lei e su
Antonio D’Elia la responsabilità del massacro. E non solo. “Sono
stati loro due, erano amanti. Io volevo bene ai Graneris, non avrei
mai fatto loro del male, ho taciuto perché avevo paura che mi facessero
fare la stessa fine”. E ancora: “Doretta la vedevo come
madre… del resto lei assumeva sempre un atteggiamento materno nei
miei confronti… mi chiamava infatti con lo stesso diminutivo che usava
mia madre quando ero piccolo… Lei però aveva sete di vita mondana
e io dovevo accontentarla… La portavo spesso a ballare e lei ballava
con altri… mi sentivo inferiore sia a livello fisico che mentale…”
Poi il colpo di scena. Badini cambia totalmente la sua versione dei
fatti. “Sono stato io, ho fatto tutto da solo, avevo paura di
perderla”. Ma a plagiarlo, aggiunge, è stata Doretta, è lei
che lo ha spinto alla mattanza dipingendogli l’esistenza dorata
che avrebbero vissuto grazie all’eredità dei genitori. Lei,
dichiara anche, è un “pozzo di lussuria, dedita ad alcol e fumo,
sempre alla ricerca del piacere e del divertimento”. Doretta
contrattacca: “Mi ha rovinata, voleva soltanto i soldi di papà.
Prima di quei fatti Guido mi ha dato delle pastiglie, l’effetto
mi è venuto una ventina di minuti dopo. Mi sembrava di volare… Un
giorno mi disse che aveva progettato di svaligiare la Banca Popolare
di Novara… Io avrei dovuto portare i soldi fuori dalla banca. Ho rifiutato
e gli ho chiesto se fosse ammattito. Ma Guido aveva deciso di fare
i soldi a qualsiasi costo e gli ritornò in mente il vecchio progetto
di sterminare la mia famiglia”. Siamo di fronte al solito balletto
delle accuse reciproche, squallido copione che ricorre spesso nelle
storie dei delitti compiuti da una coppia “diabolica”.
Quando il sogno malato di una vita a due da favola svanisce miseramente,
l’ amore degli amanti si trasforma in odio: tutta la rabbia
che prima veniva riversata da entrambi sul mondo esterno, finisce
addosso al partner.
Normale che di fronte a una strage simile, venga richiesta la perizia
psichiatrica per gli assassini. Nel luglio 1977 tre psichiatri attestano
che Doretta Graneris e Guido Badini sono perfettamente capaci di intendere
e di volere. Il 5 aprile 1978 la Corte d’Assise di Novara condanna
i due amanti all’ergastolo. Badini è riconosciuto come “ideatore
e organizzatore”, mentre Doretta avrebbe partecipato attivamente
al massacro sparando “tre colpi, ma i proiettili sono andati
a vuoto”. Venticinque anni infine ad Antonio D’Elia. La
sentenza sarà confermata in Appello e in terzo grado dalla Cassazione,
nel 1983.
Nel 1993 Doretta Graneris (che in carcere ha conseguito la laurea
in architettura) ottiene la semilibertà, e alla fine del 2000 la libertà
condizionale. Ecco che cosa si legge sul numero di sabato 2 dicembre
2000 de “La Stampa”, in un articolo firmato da Alberto
Gaino. “Da un paio di sere Doretta Graneris non rientra più
in carcere e rimane fuori a dormire. Per il resto la sua vita non
è cambiata e non cambierà: dovrà osservare orari rigidi, mai rincasare
dopo le 22,30, mai uscirne prima delle 7. Per lasciare Torino qualche
giorno dovrà chiedere il permesso al magistrato. Un’esistenza
vigilata. Almeno per i prossimi cinque anni”. In carcere “lei
ha trascorso quindici anni senza mai uscirvi. Poi c’è stato
il Gruppo Abele dove i suoi studi di architettura si sono tradotti
in una discreta professionalità in campo grafico, e dove ha imparato
a dedicarsi a chi sta peggio, in particolare a persone malate”
scrive il presidente del G.A. Mario Vaudano.
“Al Gruppo Abele devo molto” dirà Doretta all’indomani
della ritrovata libertà. “Non lo lascerò, ora che posso. Continuerò
a stare lì a fare la mia parte di volontariato. Per il resto… Dentro
hai tutti i tuoi casini, non li esibisci, cerchi di tirare avanti…Vorrei
vivere in una piccola città, ma qui, tutto sommato, è meglio, potrò
essere una qualunque per strada, fra un po’”.
Due righe, per finire, su Guido Badini. Rinchiuso nel carcere di Brescia
per scontare l’ergastolo, ottiene il regime di semilibertà nella
primavera del ’93, e va a lavorare come giardiniere in una comunità.
Ma torna a essere rinchiuso in prigione nel dicembre del ’97
perché coinvolto, assieme ad altre persone, in un traffico internazionale
di stupefacenti, oggetto di un’inchiesta delle Procure di Brescia
e Reggio Calabria.
P.S. Per questo testo ho attinto a vari documenti
apparsi in rete, e consultato il libro “La nera – Storia fotografica
di grandi delitti italiani dal 1946 a oggi” di Carlo Lucarelli
e Massimo Picozzi (Mondadori, 2006).
Giuliana
Giani
Doretta
Graneris non è stata l’unica ragazza giovane o giovanissima
a fare strage della famiglia, anche se lei non si limitò a eliminare
i propri genitori, ma estese la furia omicida ai nonni e al fratellino.
Più di Pietro Maso, quindi, che uccise "solo" mamma e papà,
o Erika De Nardo, spietata killer di madre e fratellino.
Dobbiamo quindi constatare che di tanto in tanto esplode il pus incancrenito
di un nucleo familiare all’apparenza tranquillo, e le motivazioni
da parte dei giovani assassini sono sempre quelle. Ragioni squallide
e meschine, non si tratta mai in questi casi di far fuori genitori
infami, magari capaci di violenze e vessazioni, sarebbe tutto sommato
più comprensibile. No, alla base c’è solo avidità giovanile,
voglia di fare la bella vita senza muovere un dito, e i familiari
ancora vivi (e non intenzionati a defungere in tempi brevi) sono visti
solo come una sorta di bancomat in via di esaurimento, incapace quindi
di erogare quanto si vorrebbe. E si vuole, tantissimo, tutto. E allora
non ci si limita ad accontentarsi di quanto viene comunque elargito
– e quasi mai si tratta di poco – si fa esplodere il bancomat familiare
per accedere al caveau, e all’intero capitale, spesso accumulato
in anni e anni di lavoro paziente, da formiche indefesse.
A volte ci si fa condizionare dal compagno o compagna, come accadde
appunto a Doretta o a Erika, entrambe donne e forse più influenzabili
da parte delle persona amata in quel momento, e/o capaci di influenzarla.
O ancora c’è chi, come Maso, si fa accompagnare al gran ballo
del macello familiare da amici, altrettanto stolti.
L’adolescenza è un’età inquieta, in cui a volte accade
che si spostino i propri desideri e ambizioni oltre il limite del
lecito e del possibile, ipotizzando l’uso di tutti i mezzi,
compresi quelli violenti, per ottenere quanto si vorrebbe. Le pulsioni,
se liberate, sono incontrollabili, il giudice interiore che dovrebbe
di solito dirci quanto si può fare e quanto invece è immorale latita
o è messo a tacere. Un grillo parlante da schiacciare contro il muro
con una martellata, e poi ci si potrà dare alla bella vita, salvo
poi ritrovarsi con le orecchie da ciuco, e non sapere come tornare
umani… O riuscire a farlo troppo tardi, quando l’unica eredità
ottenuta è quella del cimitero, ossia una serie di tombe piene di
familiari assassinati.
Ragazzi traviati dai fatui sogni del paese dei balocchi, ciuchini
senza testa in grado però di lordarsi di sangue da capo a piedi senza
farsi sfiorare dal rimorso, e riuscendo ad attribuire la colpa dei
loro atti innominabili agli altri, ad ipotetici killer albanesi o
extracomunitari di vario tipo, oggi, mentre un tempo era il fidanzato,
la fidanzata, comunque qualcun altro. Il senso di quanto commesso
non li tocca…
Facciamo però un passo indietro e analizziamo la storia e la personalità
di Doretta Graneris, vista attraverso la potente lente dell’astrologia.
Purtroppo l’analisi è parziale, in quanto non sono riuscito
a reperire l’ora di nascita e sarò quindi costretto a interpretare
vita e carattere solo attraverso le posizioni planetarie del giorno,
domificando il tema natale per le 12.
Aquario con il Sole a fine segno, ha il luminare in trigono a Nettuno
a inizi Scorpione e opposto a Plutone a fine Leone. Ossia, un’irrequietudine
di base inestirpabile accompagnata a una forte insoddisfazione. Un
mix esplosivo, ma vediamo tante e tante persone nate con posizioni
astrali simili avere una vita del tutto regolare, pur conservando
dentro di sé un qualche tarlo difficile da estirpare. Aggiungiamo
poi che il Sole rappresenta anche il tipo di uomo da cui sei attirato
e quello di Doretta fece sì che idealizzasse un partner – il trigono
di Nettuno al Sole – contorto e fondamentalmente poco chiaro se non
disonesto – l’opposizione di Plutone… Paradossalmente quindi
trovò in Guido Badini la persona giusta per risvegliare quanto di
peggio era in lei. Succede, succede spesso purtroppo di imbattersi
in qualcuno in grado di tirarci fuori il lato peggiore. Ci si influenza
anche nel bene, ma purtroppo più spesso ci lasciamo contagiare dal
male altrui. Capita da ragazzi, e Doretta Graneris all’epoca
dell’incontro con Badini aveva sedici anni, un’età in
cui puoi davvero far fatica a distinguere il bene dal male.
Chi sia stato a influenzare l’altro possono dirlo soltanto loro,
ma non sapremo mai tutta la verità, se mai esiste un’unica versione
dei fatti.
Non si può poi ignorare che, nella stragrande maggioranza dei casi,
l’Aquario – non importa se uomo o donna – regge a fatica i legami
famigliari e appena possibile di solito li recide allontanandosi o
ponendo comunque delle distanze. Cosa che fece anche la giovane Graneris,
ma purtroppo non aveva voglia di mantenersi lavorando…
Nel tema di Doretta ci sono inoltre un altro paio di elementi capaci
di indirizzarla verso quanto accadde. Anzitutto il Marte solo leso
in Toro, opposto com’è a Nettuno in Scorpione e quadrato a Venere
in Aquario. Indicatore di una aggressività in teoria scarsa, ma capace
però di risvegliarsi o scatenarsi per questioni economiche, anzi risultare
deviata per colpa dell’amore (l’aspetto negativo con Venere)
e amplificata per questioni ereditarie complesse e pasticciate (l’opposizione
a Nettuno), all’interno delle quali si confonde il vero con
il falso, il plausibile con l’immaginato.
Il suo Mercurio in Aquario poi segnala una adolescenza in cui ci si
vorrebbe affrancare in tutti i modi dalla tutela dei genitori. Va
notato però che Doretta aveva già raggiunto per molti versi questo
traguardo, perché nel 1975 non era affatto comune per una ragazza
andare a convivere con il fidanzato. Quel Mercurio è inoltre in trigono
a Giove e già da adolescente vorrebbe godere al meglio dei beni della
vita, ma non riesce a farlo con gli strumenti migliori dell’Aquario.
La diplomazia e la mancanza di equilibrio sono infatti difficili da
raggiungere (Mercurio è infatti quadrato a Nettuno) e non si sa trovare
il momento giusto per trovare la propria indipendenza (l’opposizione
a Urano).
Insomma, potrebbe essere il ritratto di una adolescente problematica
come centinaia di altri, eppure lei andò oltre. Tremendamente oltre…
Al momento della strage la Graneris non aveva bei transiti, e questo
va a sua parziale giustificazione. Potrebbe quindi aver agito in un
momento di stoltezza totale, evento innegabile visto quanto accade.
E ancora la scarsa accortezza impiegata nel giorno del delitto fece
sì che non seppe in alcun modo nascondere la propria colpevolezza
e finì dritta dritta dietro le sbarre.
Vediamo però quali furono i principali detonatori astrali della strage
nel tema di Doretta. Quel 13 novembre 1975 Marte a due gradi del Cancro
(aggressività esercitata in famiglia) formava un trigono con Nettuno
in Scorpione, indirizzando la violenza in maniera confusa rispetto
a un ipotetico cambiamento che passava anche attraverso la morte altrui.
Nettuno stimolatissimo in negativo e positivo. Ossia Urano gli stava
transitando sopra, ma riceveva al tempo stesso un quadrato da Saturno
in Leone capace di quadrare appunto sia il Nettuno radix sia l’Urano
di transito. Non dimentichiamo poi che Saturno, Urano e Nettuno sono
i pianeti dell’Aquario e ancora una volta vengono indebolite
le migliori simbologie del segno, ossia la capacità di mediare e farsi
passare sopra le cose, in attesa di occasioni migliori accantonate
per dare spazio a un’ansia di agire con strumenti e modi illogici
e inefficaci.
Saturno e Urano di transito vanno poi a colpire il Mercurio di nascita
in Aquario, rendendo appunto meno lucidi e pasticcioni: insomma un
mix letale di intempestività, stoltezza, confusione ideologica e intellettuale.
Mercurio di transito è poi a 13 gradi dello Scorpione e si oppone
a Marte e Venere radix, quasi che Doretta avesse subito una decisione
a causa di un amore irragionevole, ossia si adeguò al volere del partner.
Forse fu così, non possiamo averne la certezza. Certo è che se non
fosse stata in coppia, e malamente in coppia, la famiglia Graneris
non sarebbe stata sterminata.
Fosse stata lei a istigare lui o viceversa non importa più di tanto.
Si trattò di vasi comunicanti tra loro intenzioni tragiche, omicide:
si caricarono a vicenda e distrussero oltre alla propria vita, quella
di cinque innocenti. Succede, ma per fortuna non tutti gli adolescenti
in preda a turbamenti ormonali di questo tipo cedono alla follia,
ma preferiscono piuttosto ascoltare la voce della ragione, sia pure
obtorto collo. Doretta Graneris purtroppo non fu tra quelli.
Sentenza del tribunale astrologico
Non
ci sono giustificazioni a questo tipo di delitto, soprattutto quando
non ci troviamo in presenza di un vizio mentale, e non è il caso di
Doretta Graneris, in grado di intendere e volere, sempre però relativamente
a quanto le consentiva il suo essere facilmente influenzabile, dal
fidanzato ma anche dal suo tema natale. Così inseguì sogni fallaci
(il trigono di Nettuno al Sole) carichi di cose non chiare, oscure,
tortuose (l’opposizione di Plutone al Sole stesso). La sua carica
di violenza poteva poi esercitarsi soprattutto nell’ambito dei
possessi terreni, quelli che aspirava a ottenere a ogni costo dalla
famiglia (il Marte in Toro opposto a Nettuno). L’unica sua giustificazione
parziale può essere la giovane età, altro non si può aggiungere a
suo favore. L’Aquario sarà si renitente ai legami familiari,
e non sopporterà di essere figlio dei propri genitori, ma da questo
a sterminarli, ce ne passa. Lucida follia, non si può descrivere in
altro modo un atto simile. La legge ha fatto il suo corso, il giudice
interiore, se mai la Graneris ne ha uno, farà il resto.
Massimo
Michelini